Assieme
Associazione volontariato di utilità sociale
Via G. Puccini, 79 - 50041 CALENZANO (FI)
Tel/fax: 055/8826655 - E-mail: aassieme@tin.it
ADERENTI I.C.S. - Consorzio Italiano di Solidarietà
IN COLLABORAZIONE CON I GRUPPI E LE ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO DEL TERRITORIO
RESOCONTO DEL VIAGGIO A KNIN
5 - 8 GENNAIO 2001
BAGNO A RIPOLI: 60° viaggio in ex-Jugoslavia
ASSIEME: 48° viaggio in ex-Jugoslavia
(Nota: per motivi di rispetto della privacy delle persone che aiutiamo, nella versione telematica del rapporto i nomi sono stati sostituiti dalle sole iniziali)
Partecipanti: Tiziano Cardosi, Gianni Comoretto, Piero Grandi
"Bubunci", il furgone di Assieme, pieno di valigie, sporte, buste di plastica. Siamo appena partiti da Calenzano, io e Piero ci mettiamo ad incartare giocattoli, e a nasconderli in vecchie valigie per mimetizzarli da bagagli. Le restrizioni doganali croate impediscono di importarli, ma volevamo far arrivare anche ai bambini delle "nostre" famiglie a Knin un regalo di Natale. Al casello di Cesena ci incontriamo con Cristina, amica di Piero, che ci ha preparato una scatola di biscotti per il viaggio e dei regali per Fadila e per Tea.
Ad Ancona il mare è tranquillo, ma solo ieri una nave croata si è capovolta, il suo carica di marmo si era spostato per via del mare mosso. Quattro marinai sono morti ed un quinto è disperso. Scopriremo domani che i nostri amici, a Knin, erano abbastanza preoccupati.
Arrivati a Spalato io e Piero, scesi a piedi, guardiamo con apprensione Tiziano che, su "Bubunci", è in coda per la dogana. Ci sono poche auto, e il doganiere controlla tutti accuratamente. Abbiamo attaccato una foto della statua della Madonna di Medjugorje, il furgone ha un vistoso simbolo di trasporto handicappati, contiamo sullo spirito religioso del doganiere che, in effetti, apre qualche valigia ma, alla fine, non fa storie. Anche Fadila, la nostra interprete (musulmana), che nel frattempo è arrivata, sorride all'idea della protezione soprannaturale, che comunque qui funziona molto bene. La Madonna proteggerà "Bubunci" per tutto il nostro viaggio.
Lasciamo all'orfanotrofio alcuni giochi per playstation, preparati da Tommaso, ma, purtroppo, non ci possiamo fermare e ci dirigiamo subito verso Knin. Per prima cosa andiamo all'ospizio, dove vivono una settantina di anziani non autosufficienti. L'ultima volta che sono stato qui, tre anni fa, queste persone erano ospitate al terzo piano dell'ospedale, in una situazione di sporcizia e squallore impressionanti. Ora sono accuditi da tre o quattro persone, le stanze sono pulite, ed è stato riparato l'ascensore che permette anche a chi si muove con stampelle o sedia a rotelle di scendere nella sala al pian terreno. Incontriamo anche due signore che sono uscite a fare una passeggiata, in questa giornata un po' grigia ma tiepida. Consegnamo ad un'infermiera lenzuola, asciugamani (materiale che ogni volta ci procura la lavanderia La Perfetta di Massa e Cozzile) e lana da lavorare, e cominciamo a salutare anche le persone costrette a letto. Una signora cieca mi chiede di darle la mano, mi dice più cose con quella stretta che con mille parole, ci dice che è contenta, oggi è festa e siamo venuti a trovarli. La sua compagna di stanza scherza: "È venuto a trovarti il tuo fidanzato". In un'altra stanza, un'altra anziana, pure lei cieca, chiede ridendo se le do un bacio. Non ho la barba, ne vuole uno pure da Piero. "Qui come latin-lover faresti fortuna", commenta Fadila. Distribuiamo sigarette, o caramelle a chi non fuma, e un giornale a D., nostra veccha amicizia, origini italiane e sedia a rotelle. Si scusa di parlare così tanto con noi, ma per lui siamo l'unica occasione di adoperare un po' la lingua italiana.
Lilijana ci sta apettando a casa sua, e ci rassicura subito: il progetto dell'UNHCR a cui collabora, e che le permette di seguire le famiglie di profughi che abbiamo adottato, continuerà per i prossimi 4 anni. Passiamo quindi in rassegna la situazione di ciascuna delle venti famiglie. Una signora anziana, S. K., è morta, una famiglia à tornata in Bosnia, a Banja Luka. Si sono però aggiunti due casi drammatici. Uno è quello della famiglia di D., un ragazzo a cui manca una gamba, e che abbiamo seguito per fargli sostituire la protesi quando diventava troppo corta. Suo padre si è ammalato di tumore, ma essendo senza assistenza medica si è fatto visitare solo dopo due mesi, ed è morto poco dopo. La sua magra indennità di invalido di guerra era l'unico reddito della famiglia, che ora non ne ha più diritto. Un altro profugo con due figli, abbandonato dalla moglie, non ha la possibilità di lavorare e non si può permettere l'asilo per i figli. Per due famiglie la situazione si è aggravata, e Lilijana ci chiede se si può aumentare la cifra che possiamo mandare. Ci sono poi tre nuove famiglie che avrebbero bisogno. Ci facciamo dare i nomi ed una descrizione dei casi, e le diciamo che vedremo cosa si potrà fare. Non sappiamo neppure se le famiglie che si sono impegnate ad inviare i soldi fino a dicembre rinnoveranno l'adozione, anche se lo speriamo.
Molte famiglie hanno poi problemi a trovare legna o pagare l'elettricità, che è rincarata, per il riscaldamento. Le lasciamo 800 marchi assieme ai soldi degli ultimi due mesi, dovrebbero bastare a procurare la legna per una decina di famiglie. Le chiediamo anche se può farci delle foto di ogni famiglia, in modo da spedirle alle famiglie italiane. Ci ringrazia di cuore, si sente in una grossa responsabilità per la cifra che le abbiamo affidato.
Ci ha preparato un pranzo superbo, peperoni ripieni in brodo, cavoli acidi, verdure sott'aceto e arrosto di maiale. È anche molto più serena dall'ultima volta, quando era veramente stanca per il contatto continuo con queste situazioni disperate.
Passiamo quindi a trovare N. Un set da cucina per bambole a M., due camion per L., e i due bambini si mettono a giocare sul tavolo della microscopica cucina. M. è cresciuta, ora va in terza elementare, in casa c'è la corrente, ha anche la legna. N. ci racconta che le hanno promesso di costruirci un tetto.
Troviamo D. che gioca con un gruppo di ragazzi accanto al Centro Giovani, gli hanno cambiato la protesi da poco, pagata dall'assistenza sanitaria (non abbiamo capito quale). È lì anche sua mamma e la sorellina, che scoppia a piangere quando Piero la fotografa. Ci fanno entrare nel Centro, dove i lavori di ripristino sono a buon punto. D. ci porta a vedere il palcoscenico, c'è un tavolo da ping-pong, gli impianti elettrici e sanitari sono finiti, stanno coibentando il tetto. J., il custode che nel frattempo è arrivato, ci dice che Suncokret, la ONG croata che lo ha in gestione, sta facendo i conti per vedere come terminare, ma ci sono buone possibilità che a Pasqua il tutto sia agibile. Dopo tre anni di sforzi, stavamo perdendo la speranza.
Saliamo alla vecchia rocca, il castello costruito dai turchi nel breve periodo in cui hanno controllato la regione. Col furgone non si entra, prendiamo un po' di giochi per la famiglia di D. P.,, che è "adottata" dal gruppo di Piero, e, alla luce infuocata del tramonto, entriamo nella vecchia porta delle mura. Prima o poi dovremmo ritagliare un po' di tempo per visitare queste mura, le fortificazioni sono molto ben conservate, ma oggi è decisamente troppo tardi. Usiamo come torce, io il faretto della bici, Piero una luce da speleologo che adopera in rifugio, e ci facciamo strada. Fadila racconta che il comune di Knin fa economia sull'illuminazione pubblica. Ora il centro è illuminato, e da qui le decorazioni natalizie fanno un bello spettacolo, ma in passato talvolta i lampioni erano spenti pure lì.
Per strada incontriamo N., la figlia maggiore di D. P., di 15 anni. Non abbiamo portato niente per adolescenti, ma troviamo per lei un set di carta da lettere. Ci fanno accomodare in salotto, l'unico locale riscaldato con una stufa a legna. D. ci mostra come ha deviato la canna fumaria in modo che scaldi un pochino anche la stanza da letto, e ci racconta che dovrebbe trasferirsi a mesi in un'altra casa che le è stata assegnata. La famiglia serba proprietaria di questa è rientrata da sei mesi, e attende con pazienza che lei la liberi. Ci mostra un depliant dell'industria in cui lavorava il marito, morto in guerra. M., il più piccolo dei quattro figli, mostra una foto in cui si vede un operaio in tuta gialla: "Papa", chissà cosa ne ricorda. La ditta pagava il minimo possibile di contributi, ed ora loro vivono con una pensione irrisoria. "Devo pagare i libri di scuola dei bambini, così sono due mesi che non pago la luce". Ci sono amici dei figli, Tiziano torna al furgone a prendere giochi anche per loro. In cucina la stufa economica dell'UNHCR ricorda la casa dei miei nonni. In un angolo una pozza d'acqua, condensa dell'umidità che risale dal pavimento della casa mal riscaldata e appoggiata direttamente alla terra.
Silvia Craighead mi ha lasciato la macchina fotografica con il preciso patto di fotografare la "sua" famiglia, i L., due genitori, tre figli, e un nipote, figlio della sedicenne Lesna. Scopriamo che sono in qualche modo imparentati con J, che ci presenta. In casa c'è solo la madre e F., una bambina di 6 anni a cui regaliamo un puzzle. Peccato, era una buona occasione per conoscere più da vicino anche queste persone. Fadila nota che la scatola del puzzle è un po' danneggiata, forse non ci sono tutti i pezzi. E, insieme a me e Piero, ci mettiamo a "controllare". Forse dovevamo portare qualche gioco anche per i volontari.
Il centro di Knin è pieno di negozi, chiusi per la festa ma con le vetrine illuminate. Rispetto a tre anni fa, quando c'era solo qualche negozio di alimentari, o al deserto di cinque anni fa, dà l'impressione di una città benestante. "Basta un dieci per cento di ricchi", mi fa notare Fadila. In effetti di ricchi in giro se ne vedono pochini, le nostre famiglie sono purtroppo solo le situazioni peggiori in una città dove è normale che una fabbrica non ti paghi per quattro mesi.
Prima di arrivare dagli A., la famiglia che come al solito ci ospita, vogliamo passare a salutare anche la famiglia di D., famiglia serba che vivono lì vicino, a cui lasciamo un maglione, regalo di Leonardo. Ci chiedono dei soldati italiani morti di leucemia, mi vergogno a pensare a come, nei telegiornali italiani, non si parli mai di chi ora vive nelle zone che sono state bombardate con i proiettili all'uranio. Gli unici morti sono sempre i nostri.
M. A. ha messo a bollire l'acqua della pasta tenendo conto del nostro abituale ritardo. Ci racconta che la fabbrica di abbigliamento dove lavora ha ripreso a pagarla, anche se le deve circa un milione di arretrati. Tiziano, cuoco esperto, prepara il sugo e, come tutti la prima volta che si presenta, equivoca sul nome di Stanko. Sì, in effetti è proprio stanco dopo la giornata campale.
E finalmente a dormire. Il freddo non è dei peggiori, oggi è stata una giornata quasi tiepida, ma il vento spiffera dalla finestra, e Fadila viene ad elemosinare qualche coperta.
La mattina per prima cosa andiamo nel villaggio serbo di Biskupja. "Z. è in casa, c'è la macchina", commenta Piero alla vista dell'incredibile trattore che Z. ha adattato per funzionare a pedali. M., sua nonna, ci mostra le sue quattro capre, probabilmente fornite come parte di un programma dell'UNDP per favorire l'autosussistenza dei profughi. Z. ha costruito (non riusciamo a capire come, visti gli attrezzi di cui dispone) dei piccoli fusti di metallo per tenere la miscela per la motosega, regalata da una ONG, e con cui ora taglia la legna per tutto il paese. Ci racconta dei progetti per mettere un motore al trattore di cui ha risistemato la cabina per roteggersi dal freddo. Servirebbero anche pneumatici, ora slitta sul terreno fangoso. A noi sembra già un miracolo che quell'insieme di vecchi ingranaggi, pedali e catene ricavate da non so quante biciclette, sia in grado di muoversi, ma non abbiamo dubbi che, in una vera officina, Z. potrebbe trasformarlo in una fuoriserie. Gli lasciamo un modellino di ruspa, dei pennarelli, e una buona scorta di maglie di lana. La sua stanza è una ex stalla con porte e finestre costituite da vecchie assi di legno.
Vorremmo passare a trovare M., ragazza sordomuta, ma la famiglia è andata a trovare degli zii. Piero vuol conoscere la famiglia S. adottata dalla scuola elementare di Valchiusa, ma sbagliamo indirizzo, e finiamo per portare un pò di giochi a dei bambini che non capiscono bene perché siamo lì (non che la cosa sembri dispiacergli).
Suona il cellulare di Fadila: "Sarà tua mamma", fa a Piero, ieri lo ha chiamato tre volte. Invece è Lilijana, che si scusa per il misero pranzo di ieri, vuole ri-invitarci oggi, con un menù ancora più ricco. Riusciamo a farla desistere dagli insani propositi, e le chiediamo se può portarci lei dalla famiglia S.. Ci incontriamo in un bar in centro. Fadila commenta la nostra abitudine italiana di finire il caffè in un sorso: loro lo fanno durare tutto il tempo della conversazione, in fondo è un pretesto per passare del tempo seduti insieme a chiacchierare. Rispondiamo che chiacchieriamo benissimo anche con la tazzina vuota.
Fuori dal bar incontriamo N., ragazzo conosciuto ad uno dei campi estivi. Ora è militare, ci racconta che il servizio di leva dura otto mesi, ora, e che il governo sta progettando di dimezzare gli effettivi. E arriviamo alla casa degli S.. Non ha il tetto, situazione comune dopo i saccheggi dell'Operazione Tempesta, e quando piove le infiltrazioni abbondano. Nove figli, due coppie di gemelli, solo quattro sono in casa. Due sono sposati e tornati in Bosnia, emigrati, altri tre sono andati in città, approfittando della bella giornata. Ci scambiamo gli indirizzi, ci mostrano le foto della loro casa in Bosnia, di prima della guerra. I., uno dei ragazzi, ha dipinto un bellissimo quadretto per la classe che li ha adottati.
Riportiamo a casa Lilijana, a cui lasciamo magliette di lana, calze e i giocattoli avanzati. Lei ci ringrazia ancora, e ci regala tre bottiglie di vino dalmata. Poi da M.A. che ci ha preparato la sua leggendaria "pita". Vale la pena di venire qui anche solo per quello. Infine, prima di ripartire un saluto anche a F. che ora ha una nuova figlia, Lucija, angelo di un mese.
Sulla strada per l'imbarco ci fermiamo dalla famiglia della sorella di Fadila. Tavola imbandita di cevapcici, sottaceti, e micidiali peperoncini piccanti che io e Tiziano finiamo per scommessa, con l'aiuto di un litro d'acqua, fortuna che avevamo avvisato di non prepararci niente. D. ci mostra dei funghi che ha raccolto, e io e Piero ci mettiamo a raccontare dei funghi che crescono in toscana e in trentino. La zona buona, ci racconta, è l'Istria, dove ci sono ovoli e perfino tartufi neri.
A Fadila lasciamo anche 300 marchi e dei regali per il bambino di T.che deve arrivare a febbraio. Suo marito ha perso il lavoro e le ultime notizie che avevamo erano di loro due in cattivi rapporti con J. la madre di T. e che erano andati ad abitare in un campo profughi. Non possiamo, purtroppo, andarla a trovare a Podaca, il tempo non basta, ma telefoniamo a J. e sembra che le cose, almeno tra di loro, vadano meglio.
È ormai buio quando arriviamo a Spalato. Comincia a piovere, ma Fadila vuole ugualmente farci visitare il centro della città. Vediamo così il palazzo di Diocleziano, una città monumentale molto ben conservata, costruita sulla pianta castrense che si integra perfettamente nelle successive città veneta ed austroungarica, in una miscela davvero affascinante, il crogiolo di culture e civiltà diverse che i Balcani sono riusciti ad essere e che contrasta in modo così assurdo con gli odi, le divisioni, le ferite che ancora non si sono rimarginate. Fadila vorrebbe portarci a vedere altro, la parte di città più popolare, meno palazzi ma egualmente bellissima in un intricarsi di case che si compenetrano, di stradine in salita. Ma l'ora del traghetto si avvicina, e quindi ripieghiamo in una pasticceria dall'aria austriaca, che ci offre le ultime paste, e nel supermercato del porto, dove ci carica di birra da bere alla sua salute alle prossime riunioni. Con il boccione da due litri di rakia regalataci dagli A., e il vino di Lilijana, saranno riunioni molto allegre.
Gianni Comoretto
SPESE SOSTENUTE IN QUESTO VIAGGIO
Biglietto nave furgone A/R £. 225.000
Rimborso interprete £. 150.000
Sigarette per ospizio £. 66.000
Alimentari per famiglia Nina £. 78.000
Regalo per bambina Tea £. 300.000
Legna per i profughi £. 800.000
Acquisto centrini prodotti
dagli anziani dell'ospizio £. 26.000
__________
TOTALE £. 1.891.850
Sono inoltre stati consegnati 4.000 marchi (circa 4 milioni di lire) per le adozioni relative ai mesi di novembre e dicembre 2000.
Le spese di vitto e alloggio sono state sostenute in proprio dai singoli partecipanti.
Ringraziamo (a nome dei profughi!) per questo viaggio
- Il Comune di Bagno a Ripoli che mette a disposizione tutti i mezzi per facilitare la raccolta di materiale e l'organizzazione dei viaggi (pubblicizzazione, fax, telefono, posta, fotocopie, ecc.).
- Tutti i gruppi e le famiglie che aderiscono al "Progetto Knin" e che sostengono in modo continuativo, contribuendo con offerte in tempo e denaro, le famiglie di Knin e gli studenti e i bambini degli orfanotrofi "Maestral" di Spalato e Katel Lukic.
- Fadila Zoranic, interprete ed amica, per l'indispensabile presenza ed aiuto in loco.
- Le/gli insegnanti e le/gli alunne/i della scuola elementare di Valchiusa per la loro bella iniziativa.
- La Lavanderia "La Perfetta" di Massa e Cozzile (PT) per la biancheria che, in ogni viaggio, consegnamo agli anziani dell'ospizio.
- La "First Baptist Church" di Rockmart (USA) che tramite Silvia Craighead ci ha fatto pervenire una notevole somma di denaro da devolvere al «Progetto Knin».
- L'Associazione Culturale per l'Orientamento al Teatro e alla Danza per lo spettacolo "Novecento" al CRC Antella, il cui ricavato è stato devoluto al «Progetto Knin»
- Tutti gli amici, vecchi e nuovi, che aiutano ad organizzare il materiale e sostengono le iniziative in vari modi. In particolare: Don Andrea Faberi e la Parrocchia di S.M. a Quarto, il Circolo Ricreativo Culturale Antella, il gruppo di Grassina, il gruppo di Pescia, gli amici romagnoli di Piero, Elisabetta Guidotti, Monica Ranieri, Bruna Crini ed amici, Carla Pampaloni, Francesca Bellé, Sabrina Matani, Maria Morello, Ilaria Palma, la Sig.ra Loretta Bassi e le sue amiche, Angela Tonini e Gianna Nuti e la Parrocchia di S.M. a Ricorboli, la Comunità dell'Immacolata a Montughi di Firenze, la Casa del Popolo di Calenzano.