SENATO DELLA REPUBBLICA
    XIII LEGISLATURA

1002ª SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

MERCOLEDÌ 17 Gennaio 2001

(Pomeridiana)

Presidenza del vice presidente ROGNONI,
indi del vice presidente CONTESTABILE

 


Seguito della discussione dei disegni di legge:
(4273) Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (Approvato dalla Camera dei deputati)
(2149) DE CAROLIS e DUVA. - Normativa nazionale in materia di prevenzione dell'inquinamento da onde elettromagnetiche generate da impianti fissi per telefonia mobile e per emittenza radiotelevisiva
(2687) RIPAMONTI ed altri. - Norme per la prevenzione dei danni alla salute e all'ambiente prodotti da inquinamento elettromagnetico
(3071) CÒ ed altri. - Norme per la tutela dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici
(4147) SPECCHIA ed altri. - Legge quadro sull'inquinamento elettromagnetico. Disposizioni per la progettazione, l'installazione, l'uso e la diffusione commerciale di apparecchiature elettriche e per telecomunicazioni generanti sorgenti di radiazioni non ionizzanti
(4188) BONATESTA. - Legge quadro sull'inquinamento elettromagnetico
(4315) SEMENZATO. - Obbligo di segnalazione dei rischi alla salute derivanti dai campi elettromagnetici emessi dagli apparati di telefonia cellulare
(Relazione orale)

        PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge n. 4273, già approvato dalla Camera dei deputati, e nn. 2149, 2687, 3071, 4147, 4188 e 4315.

         Ricordo che nel corso della seduta pomeridiana del 6 dicembre 2000 ha avuto inizio la discussione generale, che ora riprendiamo.
        È iscritto a parlare il senatore Bortolotto. Ne ha facoltà.

        BORTOLOTTO. Signor Presidente, finalmente riprende l'esame del disegno di legge contro l'elettrosmog, che è stato licenziato sei mesi fa dalla Commissione ambiente del Senato e più di un anno fa, precisamente il 14 ottobre 1999, dalla Camera dei deputati: si può quindi affermare che procede a fatica.

        Molti provvedimenti che tentano di regolamentare le cause ambientali di gravi danni alla salute, come in passato le leggi sull'amianto, sul benzene e sul tabacco o, più di recente, le iniziative assunte contro la diffusione dell'uranio impoverito per usi bellici, riescono ad andare avanti solo con grande fatica, nonostante si tratti di provvedimenti che, in genere, non costano molto denaro pubblico.
        Esiste sempre una lobby - che poteva essere ieri quella del tabacco o delle compagnie petrolifere e che oggi è quella delle compagnie elettriche, telefoniche e radiotelevisive - che sostiene di volta in volta che la questione posta non è poi così grave, che non vi è certezza sulle cause dei danni alla salute o che comunque non si può stabilire un limite di sicurezza perché le informazioni scientifiche sono insufficienti. Queste posizioni rallentano le attività di prevenzione,che dovrebbero essere invece alla base della tutela della salute nel nostro Paese, perché dopo secoli nei quali le principali cause di danni alla salute sono state le grandi epidemie e le malattie infettive (che poi, per fortuna, almeno nel nostro Paese sono state sconfitte soprattutto per il miglioramento delle condizioni generali di vita), oggi le principali cause di degrado della salute sono le malattie degenerative che trovano nelle cause ambientali, nell'alimentazione, o anche nelle cattive abitudini come quella del fumo le loro origini. Ogni qualvolta si riesce ad individuare una nuova causa di danno possibile, quindi, bisognerebbe intervenire con grande tempestività, perché poi altrimenti le conseguenze sono i morti.
        Per quanto riguarda gli effetti causati dai campi elettromagnetici, essi sono diffusi in vario modo: una forma è la diffusione della corrente elettrica attraverso le linee elettriche e le cabine di trasformazione, presenti numerosissime nelle nostre città. Ebbene, lunghe esposizioni ai campi elettromagnetici prodotti dal trasporto dell'energia elettrica favoriscono degli effetti non termici di detti campi. Dico «non termici» perché invece la legge vigente sugli elettrodotti si riferisce esclusivamente alla tutela della salute da effetti termici: viene cioè dato per assunto che la causa dei danni sia il riscaldamento dei tessuti prodotto da questi campi elettromagnetici; è questo un effetto ben noto, perché i forni a microonde cuociono i cibi, appunto, con microonde, cioè con campi elettromagnetici, quindi che ci sia un effetto termico è evidente a chiunque.
        Un'indagine condotta negli Stati Uniti dal Dipartimento della salute pubblica pubblicata sull'American Journal of Epydemiology ha accertato una triplicazione della frequenza dei casi di depressione e l'aumento di una volta e mezzo delle cefalee sottoponendo a test rigorosi 400 individui residenti vicino ad elettrodotti. Il campo era basso (0,2 micro Tesla) e molti studi confermano che l'esposizione a campi elettromagnetici a bassa frequenza è associata a malattie ben più gravi, quali l'insorgenza di leucemie tra la popolazione soprattutto infantile. Questa ipotesi è supportata da un cospicuo numero di lavori scientifici basati sia su indagini epidemiologiche, sia su ricerche di laboratorio. Anche il nostro Istituto superiore della sanità con due rapporti, uno del 1995 e l'ultimo del 1998, conferma che un esame degli studi scientifici depone a favore di un'associazione tra l'esposizione a lungo termine a campi a bassa frequenza, quali quelli degli elettrodotti, e l'insorgere della leucemia infantile, suggerendo di modificare la legge vigente, se non altro in base al principio di precauzione.
        Nel settembre 2000, poi, è stato pubblicato un recentissimo studio della Comunità europea la quale, avendo adottato di recente una direttiva su questo argomento e intendendo approfondire la questione, ha commissionato una ricerca a 20 tra i maggiori centri di ricerca del mondo. Ebbene, questo studio ha confermato che c'è un raddoppio dei casi di leucemia infantile nei pressi di elettrodotti quando il campo elettromagnetico ha valori uguali o superiori a 0,4 micro Tesla.
        Per quanto riguarda invece le frequenze più elevate, quelle delle antenne per telefonia cellulare, dei ripetitori radiotelevisivi e dei radar, oggi si sa con certezza che esse hanno un effetto sugli organismi biologici. Gli effetti riscontrati vanno dalla semplice tachicardia fino a malattie neurovegetative, leucemie, variazioni del numero di linfociti e granulociti, variazione del livello degli anticorpi e così via.
        Un caso gravissimo è stato denunciato proprio l'altro ieri dal Ministro della difesa tedesco: Rudolf Scharping ha dichiarato che 24 soldati che hanno lavorato sui radar sono morti tra il 1976 e il 1996 in Germania, la maggior parte per cancri che sarebbero stati provocati dalle onde elettromagnetiche emesse appunto dai radar, confermando i risultati di uno studio presentato sabato dalla televisione pubblica ZDF. «I risultati di questo studio sono incontestabili», ha detto il Ministro tedesco. Secondo la ricerca curata dall'università di Witten-Herdeck, 99 soldati, tecnici o operatori radar hanno ancora gravi problemi di salute. Ne sono appunto morti 24, di cui 18 per cancri che potrebbero essere stati provocati da radiazioni elettromagnetiche; l'età media di queste vittime era di 40 anni.
        Esistono, oltre a questi effetti gravissimi a lungo termine che insorgono purtroppo anche 20 anni dopo l'esposizione, effetti a breve termine come variazioni della permeabilità cellulare, del metabolismo, delle funzioni ghiandolari, del sistema immunitario, del sistema nervoso centrale e del comportamento.
        Per quanto riguarda gli elettrodotti, la legge vigente è assolutamente superata perché pone un limite di 100 micro Tesla, quando i valori indicati da queste ricerche e anche dal recente documento dell'Istituto superiore di sanità indica soglie comprese tra gli 0,2 e gli 0,5 micro Tesla, cioè soglie di 500 volte inferiori a quelle oggi in vigore. Infatti l'Istituto superiore di sanità suggeriva una modifica della legge vigente,che finalmente stiamo esaminando.
         Nemmeno le distanze minime delle linee dagli edifici oggi in vigore (che sono di soli 10 metri, per esempio, per un elettrodotto da 132.000 volt) appaiono adeguate. Infatti in tutta Italia ci sono comitati di cittadini che protestano contro le linee elettriche e un paio di anni fa il TAR del Veneto ha annullato una delibera comunale che trasferiva una scuola elementare in un nuovo edificio posto sotto una linea ad alta tensione perché in una delle aule della scuola il campo misurato, anche se sotto gli 0,5, superava gli 0,2 micro Tesla. Ebbene, la sentenza del TAR che ha annullato la possibilità per i bambini di andare in questa scuola, sollecitata dai loro stessi genitori (chi può dar loro torto nel momento in cui chiedono la tutela della salute dei loro figli?) è stata confermata dal Consiglio di Stato.
        La legge-quadro in preparazione sancisce finalmente l'importantissimo principio di cautela, contenuto nel Trattato dell'Unione europea, introdotto da pochi anni: esso afferma che non spetta al cittadino dover dimostrare che una determinata situazione ambientale, come in questo caso l'emissione di elettrosmog o in passato l'inquinamento atmosferico, magari causato da benzene o da amianto, fa male alla salute. Sta a chi si rende responsabile di diffondere anche nelle abitazioni dei cittadini questo tipo di rischio dimostrare che il rischio non esiste e che l'innovazione è sicura. In base al principio di cautela occorre dimostrare che quello che si intende realizzare non comporta danni per la salute. Ciò a differenza di quanto avveniva fino a poco tempo fa, quando vigeva la norma secondo cui tutto si poteva fare finchè non era dimostrato - e purtroppo per dimostrarlo occorrevano dei morti - che faceva male.
        Il provvedimento che stiamo esaminando finalmente introduce il principio di cautela. Va anche detto che il Governo ha tentato di fare qualcosa: dopo la sentenza del TAR del Veneto che dichiarava l'impossibilità di far permanere gli alunni in una scuola in presenza di una percentuale superiore agli 0,2 micro Tesla, il Ministero della sanità ha predisposto una circolare in base alla quale il risanamento degli elettrodotti - da effettuarsi in base al decreto risalente al 1992 - non deve essere fatto per raggiungere l'obiettivo previsto in quel decreto, da considerarsi oramai inadeguato in base alle sentenze del TAR e del Consiglio di Stato. Almeno nei luoghi dove sono presenti i bambini (le scuole, gli ospedali con reparti per bambini, i parchi gioco) il risanamento deve essere effettuato per raggiungere gli 0,2 microTesla.
        Naturalmente le compagnie elettriche interessate, soprattutto l'ENEL, non hanno accettato di applicare questa circolare e si è instaurata una serie di processi su tutto il territorio nazionale contro gli elettrodotti, intentati da parte di comitati di cittadini che chiedono di difendere la loro salute. Speriamo con questa legge di risolvere tali situazioni fissando finalmente un limite che tutti dovranno rispettare.
        Noi, per la verità, abbiamo presentato alcuni emendamenti che suggeriscono di ridurre ulteriormente i limiti, perché l'applicazione del principio di cautela vorrebbe che se degli studi stabiliscono che a 0,2 micro Tesla si verifica già un raddoppio dei casi di leucemia infantile, si stesse ben sotto questo limite per garantire in modo assoluto la salute. Non si può arrivare, per imporre la tutela della salute, ad un limite per cui si verifica un raddoppio di questi casi. La salute è un bene costituzionalmente garantito e assoluto che non deve essere messo in discussione.
        Noi, dicevo, abbiamo proposto una serie di emendamenti, che speriamo vengano approvati, i quali, da una parte, riaffermano le competenze delle autonomie locali, il ruolo delle regioni e dei comuni nella difesa della salute dei loro cittadini, e quindi anche la loro possibilità di intervenire direttamente nella fissazione dei limiti, dall'altra suggeriscono i limiti da introdurre, che la legge delega al Governo, il quale dovrà provvedere con un decreto.
        In realtà, la questione del decreto è abbastanza importante, perché era stato approvato sia dalla Camera sia dalla Commissione del Senato un ordine del giorno che impegnava il Governo a provvedere comunque con decreto alla fissazione dei limiti anche nelle more dell'approvazione della legge. Il Governo ha tutti i poteri per farlo perché la legge di riforma sanitaria e quella di istituzione del Ministero dell'ambiente gli attribuiscono il compito di fissare limiti a tutela della salute per tutti gli inquinanti, chimici, fisici, compresi quindi quelli dell'elettrosmog.
        Il Governo non ha ottemperato all'impegno che si era assunto, pur essendosi dichiarato disponibile ad assumerlo con il Parlamento; non vi ha ottemperato nei modi che erano stati indicati dalle Camere.
        Noi speriamo che nel corso del dibattito vengano dal Governo indicazioni precise su cosa intende fare con questo decreto, e soprattutto auspichiamo che il provvedimento in esame venga approvato rapidamente con le modifiche che abbiamo proposto.

        PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Meluzzi. Ne ha facoltà.
        MELUZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sarò molto più breve del collega che mi ha preceduto. Condivido buona parte delle notazioni che sono state qui fatte e annuncio il voto favorevole del nostro Gruppo.

        Userò questo breve tempo a disposizione per esprimere alcuni criteri che credo riguardino un po' tutte le discussioni che in quest'Aula, in generale nel dibattito politico-culturale, attengono al tema della nocività ambientale e dei criteri di prudenza o di cautela che sono, prim'ancora che dei princìpi del buon governare, dei criteri che definirei di tipo epistemologico, di filosofia della scienza.
        Molte delle obiezioni che vengono mosse da chi non condivide l'introduzione di criteri di cautela all'interno di norme giuridiche attengono all'affermazione - che ho sentito fare anche in Aula nel dibattito di quest'oggi sul tema della BSE, ma anche sul problema della nocività dell'uranio impoverito o quant'altro - che della nocività di una certa cosa non esisterebbe una certezza sperimentale. Quindi, secondo chi non è d'accordo con tale posizione, se non vi è una certezza sperimentale dimostrata secondo i paradigmi della scienza che una certa cosa è nociva, non è giusto, non è sensato, non è logico introdurre criteri di limitazione o esprimere giudizi che riguardano il fatto in questione.
        Tutto ciò è sbagliato perché io credo che, così come esiste una distinzione tra la verità giuridica e la verità storica (è un problema sul quale si discute spesso anche in materia di giustizia: altro è la verità che si forma nell'aula di un tribunale, che evidentemente è una verità formale, non sostanziale, che attiene ai meccanismi della formazione dell'opinione della Corte, altro è la verità storica rispetto ad un evento, che obbedisce a leggi diverse), allo stesso modo esistano una verità scientifica e una verità normativa in materia che riguarda la salute.
        Non sono la stessa cosa. Faccio un esempio: il «British Journal of Medicine» ha pubblicato in questi giorni un report che riguarda 786 casi di pazienti portatori di tumore al cervello, studiati catamnesticamente, cioè retrospettivamente, per dieci anni, cercando di correlare la quantità e la durata dell'uso del telefonino all'insorgenza del tumore. In base al risultato di questa ricerca, non vi è alcuna correlazione in questo momento dimostrabile tra l'uso costante e continuo del telefonino e l'insorgenza del tumore, nel senso che si può sovrapporre esattamente il numero di coloro che sono portatori di tumore ed erano grandi utilizzatori del telefonino e il numero di coloro che sono portatori di tumore e non utilizzavano il cellulare.
        Ciò significa forse che le onde elettromagnetiche e le microonde prodotte da un trasmettitore personale, come il cellulare, non possono mai e comunque indurre effetti sulla materia biologica che favoriscano l'insorgenza del tumore? Evidentemente no, perché altro è stabilire una verità statistico-scientifica, che attiene al giudizio di causalità, altro è introdurre, attraverso sistemi di cautele e di norme, tutte le misure che possano tutelare il bene comune di chi ne dispone.
        Questa è la ragione per la quale, anche in assenza di dati certi, scientificamente provati, sulla nocività, il legislatore ha uno spazio di intervento. Sono comunque d'accordo con il senatore Bortolotto: esistono dati certi sulla nocività di molte emissioni di campi elettrici ed elettromagnetici, misurabili in millivolt o in tesla. Questo è del resto evidente: essendo il nostro corpo un grande dielettrico d'acqua, è inevitabile che interagisca biologicamente con campi elettrici. Poiché il nostro corpo è fatto di dipoli bioelettrici, sarei assolutamente stupito, anche in qualità di medico, dell'assenza di un'interazione massiccia tra un campo elettromagnetico e la materia vivente. Si tratta dunque della scoperta dell'acqua calda.
        L'assenza nella letteratura scientifica di un complesso di dati certi sulla nocività non esclude, però, che debbano essere varate normative precise e chiare. Se ciò non avvenisse, incorreremmo, magari a distanza di cinque, dieci, quindici o vent'anni, nell'errore metodologico in cui incorsero gli scopritori di raggi Röntgen. È notorio che i primi radiologi morirono di quella che veniva chiamata la radiopatia attinica; per gli effetti della radiazione morì la coppia Curie e morì, per effetti di raggi da loro ritenuti assolutamente innocui, perché non sembravano produrre effetti in quel momento, tutta la prima generazione di radiologi e di radioterapeuti.
        Per non incorrere in questo rischio, facciamo bene ad essere molto prudenti nel formulare una legge che rappresenta un grande contributo di civiltà e di salute, anche perché costringe, creando un nuovo frame per i ricercatori, a produrre misure di prevenzione, di indagine e di tutela del posto di lavoro, dell'abitazione e dell'immensa polluzione elettromagnetica che ci circonda ovunque. È in gioco non soltanto il presente, ma la vita delle future generazioni. (Applausi dai Gruppi DS e PPI).

        PRESIDENTE. Senatore Meluzzi, vorrei ricordarle che, in sede di logica formale, il giudizio epistemologico è di possibilità, di impossibilità, di probabilità o di certezza. In questo caso viene in risalto soltanto il giudizio di probabilità, altrimenti si dovrebbe normare tutto. (Applausi del senatore Carcarino). Mi si perdoni questa amichevole osservazione.

        È iscritto a parlare il senatore Cò. Ne ha facoltà.

        CÒ. Signor Presidente, voglio entrare subito nel merito del provvedimento in esame, rilevando preliminarmente che il testo licenziato dalla Camera è stato peggiorato, su alcuni punti non secondari bensì essenziali, in modo del tutto inaccettabile secondo il punto di vista di Rifondazione Comunista, dalla 13ª Commissione del Senato.

        Questo peggioramento, da un lato, determina da parte nostra una battaglia emendativa per ripristinare il testo approvato dalla Camera dei deputati e, dall'altro, un giudizio ovviamente negativo nel caso in cui tali emendamenti non venissero accolti e quel testo non venisse ripristinato. Alla Camera avevamo assunto un atteggiamento di astensione; certamente il testo attuale non è da noi condivisibile.
        Quali sono i punti essenziali sui quali è intervenuta una modifica? Crediamo che innanzi tutto venga stravolto un punto fondamentale del provvedimento. Il testo approvato dalla Camera dei deputati, sulla linea di un pensiero avanzato, per così dire protezionistico, che vuole cioè applicare il principio di precauzione, distingueva fra limite di esposizione per la tutela della salute dagli effetti acuti e valore di attenzione come limite da non superare per i possibili effetti a lungo termine.
        Nel testo licenziato dalla Commissione si afferma invece che il limite di esposizione è il vero ed unico limite sanitario. Scompare dal testo l'espressione «ai fini della tutela della salute da effetti acuti», e il valore di attenzione si trasforma in un semplice obiettivo da raggiungere, cioè non si tratta più di un limite da non superare, con l'aggravante che questo obiettivo da raggiungere deve fissarsi secondo il cosiddetto rapporto costi-benefici.
        A nostro avviso, la legge viene così stravolta e, dal punto di vista dei princìpi generali, si realizza un arretramento politico e culturale molto grave.
        Abbiamo presentato una serie di emendamenti all'articolo 3, che vanno appunto nella direzione di ripristinare il contenuto del testo approvato dalla Camera dei deputati, per il quale i limiti di esposizione per gli effetti acuti e i valori di attenzione per gli effetti a lungo termine sono in realtà due limiti egualmente cogenti ed immediatamente applicabili sul territorio.
        Il secondo punto riguarda l'articolo 4, là dove al comma 5 viene introdotta una norma che vieta alle regioni e anche, conseguentemente, agli enti locali di introdurre misure più cautelative rispetto ai limiti posti dalla legge dello Stato. Qui c'è una seconda questione - appunto - decisiva: dato che non esiste un cosiddetto effetto soglia sotto il quale c'è la certezza che non vi sia alcun danno, a nostro avviso, occorre conseguentemente applicare il cosiddetto principio di minimizzazione, ovvero le installazioni vanno progettate e realizzate determinando il livello di esposizione più basso possibile.
        A questo proposito, vorrei ricordare che alla Conferenza internazionale sul posizionamento delle antenne per i cellulari, tenutasi a Salisburgo il 7 e l'8 giugno 2000, 19 scienziati e specialisti di salute pubblica fra i più importanti del mondo hanno firmato una dichiarazione in cui si afferma testualmente che «attualmente c'è evidenza che per gli effetti avversi per la salute non c'è soglia». Ciò significa che il livello di sicurezza sanitario per l'esposizione elettromagnetica attualmente è pari a zero.
        Una recente analisi, che è stata finanziata dalla Commissione delle Comunità europee, basata su nove (e sottolineo tale numero) studi epidemiologici su base nazionale, ha rilevato un raddoppio del rischio di leucemia infantile per i residenti esposti ad un campo magnetico maggiore di 0,4 micro-Tesla.
        Pertanto, i limiti fissati dallo Stato sono conseguentemente limiti massimi da non superare, ma è del tutto ovvio che deve essere data facoltà alle regioni e agli enti locali, tenendo conto del complesso dei fattori inquinanti sul territorio, di introdurre misure maggiormente cautelative.
        Il testo della Camera - voglio ricordarlo - prevedeva che le regioni concorressero all'individuazione degli obiettivi di qualità nonché delle azioni necessarie per il loro raggiungimento. Gli obiettivi di qualità sono proprio l'insieme delle azioni che rendono possibile la minimizzazione delle esposizioni e rappresentano non solamente la possibilità di introdurre un valore di esposizione più basso, ma anche di intervenire con altri strumenti che sono propri delle regioni e degli enti locali, tra i quali voglio ricordare essenzialmente la programmazione urbanistica.
        In pratica, si possono individuare siti idonei alle installazioni, in modo che la conseguenza sia che il valore di esposizione dei residenti corrisponda al limite più basso possibile.
        Con la disposizione che obbliga le regioni a recepire in maniera pedissequa quanto definito a livello nazionale senza poterlo migliorare, di fatto si blocca il processo di introduzione di normative maggiormente cautelative che, tra l'altro, è un'acquisizione di molte regioni e di molte città anche sulla base della sensibilizzazione che è stata portata avanti in questi anni dalle associazioni e dai comitati di base.
        Per questo motivo, la soppressione del comma 5 dall'articolo 4, e la conseguente previsione della possibilità per le regioni di migliorare la normativa nazionale rappresentano per noi una condizione essenziale, senza la quale la nostra valutazione rimane negativa.
        Vi sono poi altri punti importanti, che noi riteniamo opportuno introdurre attraverso i nostri emendamenti, e uno di questi riguarda l'articolo 9 che concerne i risanamenti. Noi pensiamo che i tempi previsti siano troppo lunghi; si parla di due anni per le radiofrequenze e di dieci per gli elettrodotti. Proponiamo quindi rispettivamente un anno e otto anni.
        Per gli elettrodotti chiediamo che il risanamento sia finalizzato al raggiungimento degli obiettivi di qualità e non dei valori di attenzione, secondo il criterio in base al quale una volta che si è scelto di intervenire, lo si deve fare ovviamente in base ad una prospettiva maggiormente cautelativa. Questi emendamenti si riferiscono appunto al comma 4 dell'articolo 9.
        Chiediamo inoltre che dal comma 4 venga eliminata l'espressione «entro il 31 dicembre 2008» perché questo rappresenta un peggioramento di quanto è già previsto attualmente dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1992 che stabilisce che entro il 2004 vadano risanati gli elettrodotti che non rispettano i limiti e le distanze previste nel medesimo decreto.
        Per quanto concerne le apparecchiature di uso domestico, individuale o lavorativo - mi riferisco all'articolo 12 - poniamo all'attenzione del Governo e dell'Aula una questione molto delicata, chiediamo cioè che tutti gli strumenti di uso individuale, e quindi in particolar modo il telefono cellulare, abbiano una omologazione di sicurezza che attesti il non superamento dei limiti di esposizione definiti dalla legge. Tutti gli emendamenti da noi presentati mirano ad introdurre tale principio di cautela a questi strumenti per i quali oggi non è prevista alcun tipo di regolamentazione.
        Per quanto riguarda i controlli di cui all'articolo 14, chiediamo che dal controllo e dalla vigilanza non siano escluse le strutture sanitarie.
        Riteniamo cioè che le strutture sanitarie abbiano un ruolo importante e rilevante da giocare in questo settore, mentre nel testo attuale la competenza viene attribuita esclusivamente all'ARPA e alle agenzie di protezione ambientale. La ragione mi pare evidente: si tratta di una materia che interessa precipuamente la salute dei cittadini, quindi la materia sanitaria e l'articolo 32 della Costituzione.
        Per quanto concerne le sanzioni, noi proponiamo di introdurre una sanzione di natura specifica. Pensiamo, cioè, che le sanzioni di carattere economico non siano sufficienti e, almeno per il caso di recidiva, chiediamo che venga introdotta la sanzione del diniego di nuove autorizzazioni all'esercizio di ulteriori impianti per coloro che hanno violato la normativa di tutela.
        Infine, la problematica relativa ai lavoratori professionalmente esposti mi pare sia trattata nel testo in maniera molto generica; si rimanda ad un decreto attuativo, la cui bozza il Governo ha già fatto conoscere e che noi giudichiamo gravemente carente riguardo ai limiti troppo alti, alla durata eccessiva all'esposizione e anche alla questione dei limiti per la popolazione. È del tutto evidente (lo sappiamo, il Governo l'ha detto più volte) che l'approvazione della legge è propedeutica al varo dei decreti e che senza la legge i decreti non possono essere attuati: questa è la posizione del Governo. Noi chiediamo che, a prescindere dall'approvazione della legge vengano varati i decreti entro il 2000, anche se la legge quadro non verrà approvata definitivamente.
        Come ho detto e richiamato, penso che con queste modifiche, che tra l'altro ripristinerebbero soltanto il testo approvato dalla Camera, avremmo una condizione ottimale per poter procedere ad un intervento legislativo efficace in questo settore.
        Ovviamente il nostro giudizio definitivo sarà espresso sulla base della disponibilità ad accettare le nostre proposte e noi ci auguriamo che su questo, attraverso un dibattito sereno, si possa giungere ad una conclusione positiva.

        PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Carcarino. Ne ha facoltà.
        CARCARINO. Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, onorevoli colleghi, un disegno di legge del Governo, sei proposte parlamentari, due bozze dello schema di decreto relativo ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione e agli obiettivi di qualità non contemplati dal decreto ministeriale n. 381 del 1998, la risoluzione e la raccomandazione europea in questo ramo del Parlamento per una legge quadro. Bastano queste indicazioni per capire che le onde elettromagnetiche, in tutte le loro manifestazioni, dall'alta alla bassa frequenza, oltre che preoccupare fortemente la stragrande maggioranza dei cittadini italiani e l'associazionismo organizzato, hanno interessato direttamente il mondo istituzionale.

        Fino ad oggi, infatti, il quadro normativo italiano è stato composto quasi esclusivamente dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 1992, dalla sua successiva modifica del 1995, dal decreto ministeriale n. 381 del 1998 e da alcune leggi regionali tra cui, in particolare, quelle del Veneto e del Lazio. Una legislazione, cioè, in linea con le indicazioni internazionali fornite da un comitato organizzatore mondiale della sanità e recepita da vari Paesi negli ordinamenti nazionali. In altre parole, in nessun Paese esiste una legge che includa limiti di esposizione valutati anche in base ai possibili effetti acuti.
        Quella italiana, dunque, attraverso la legge quadro al nostro esame, pur rimandando, collega Cò, a 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, a due successivi decreti per stabilire i limiti, si prospetta come una tra le prime normative organiche a livello internazionale; soprattutto la possiamo considerare una legge innovativa, perché indica esplicitamente l'obiettivo della protezione da possibili effetti a lungo termine.
        La problematica dei campi elettromagnetici comincia a manifestarsi agli inizi degli anni '90, attraverso studi e ricerche volti alla definizione di meccanismi di interazione della corrente elettrica sugli effetti biologici e sanitari. I progressi nel campo tecnico e medico sono stati notevoli, ma ciononostante fino ad oggi le conoscenze scientifiche sono controverse. L'incertezza degli studi, unita all'assenza di una regolamentazione legislativa, ha dato luogo a un dibattito costante e soprattutto a una preoccupazione crescente nell'opinione pubblica.
        A tal proposito, a dimostrazione del fatto che parliamo di cose concrete e veritiere, sottopongo alla vostra attenzione uno dei tanti casi che preoccupa molti cittadini romani. A Roma, signor Presidente, nella zona di Monte Mario, in un'area di proprietà del comune destinata a parco pubblico, assoggettata a vincolo paesaggistico e rientrante nella riserva naturale di Monte Mario, sono stati installati nel corso di questi ultimi anni 480 impianti di trasmissione. Questi impianti, posti su una serie di tralicci realizzati abusivamente e di proprietà delle emittenti radiotelevisive (Radio Maria, Radio Subasio, Telemondo, Telepace, Rete 4, Canale 5, Teletuscolo, Retesole, Super3, Porta Portese e Teletevere, per citarne alcune) sono adiacenti alla scuola materna ed elementare «Giacomo Leopardi», istituita nel lontano 1929 come scuola all'aperto e oggi frequentata, con una permanenza continuativa e giornaliera di otto ore, da 700 bambini in età compresa fra i 3 e i 10 anni, oltre che dal personale scolastico ivi operante.
        Nel periodo dall'8 settembre 2000 al 3 ottobre 2000 (quindi recente), l'ARPA Lazio ha effettuato un monitoraggio elettromagnetico dell'area della scuola «Giacomo Leopardi» e ha ripetutamente riscontrato valori eccedenti i limiti di campo previsti dal decreto ministeriale n. 381 del 1998, rilevando altresì che di conseguenza, in una parte di tale area, non è possibile la fruibilità degli spazi per periodi di permanenza superiori alle quattro ore.
        Sulla base della relazione predisposta dall'ARPA Lazio, l'ASL RM E, in data 9 novembre 2000, ha affermato che i livelli di campo elettromagnetico riscontrati rappresentano un rischio per la salute dei bambini e per il personale della scuola e ha richiesto l'emissione di un'ordinanza sindacale tesa all'adozione di provvedimenti in grado di ridurli, ordinanza che è successivamente intervenuta recando l'intimazione alla società proprietaria dell'impianto, responsabile del superamento dei livelli massimi di cui al decreto ministeriale citato, di adeguarsi ad essi.
        Il responsabile dell'istituto scolastico ha comunque disposto che nel frattempo, in attesa di un nuovo monitoraggio che accerti il rispetto dell'ordinanza, le quinte classi della scuola si alternino, con turni di quattro ore, nel tenere lezioni all'interno dei padiglioni rientranti nell'area interessata dal superamento dei livelli massimi di campo prescritti dalla normativa vigente.
        È il caso di dire, senza tema di smentite, che la responsabile scelta di questo dirigente scolastico, non solo è coraggiosa, ma è condivisibile, perché mette al primo posto la tutela della salute dei bambini e del personale scolastico di fronte alla confusa babele delle antenne e dei tralicci e, perché no, della insipienza della società proprietaria dell'impianto.
        Questi elementi, uniti agli eventi, hanno stimolato a più riprese il Parlamento e il Governo a lavorare sulla formulazione di testi fondati essenzialmente sul principio precauzionale.
        In due anni di costante e costruttivo lavoro dei parlamentari della maggioranza e dell'opposizione della Camera dei deputati e dei senatori della 13ª Commissione, è stato elaborato e votato un testo che si presenta nella forma di una legge quadro, che detta princìpi fondamentali, il cui obiettivo primario è quello di tutelare la salute delle lavoratrici e dei lavoratori, della popolazione, dell'ambiente e dei valori paesaggistici.
        Si tratta di una legge quadro necessaria, che il Gruppo parlamentare dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo condivide e sostiene, in quanto il testo contiene norme qualificanti, sia per quanto riguarda la distinzione dei compiti assegnati allo Stato e quelli attribuiti alle regioni, alle province e ai comuni, sia perché fissa i valori massimi di esposizione, attraverso i valori di attenzione e obiettivi di qualità, per gli ambienti esterni, abitativi e lavorativi - credo che il collega Cò abbia letto un altro testo - allo scopo di assicurare la protezione da possibili effetti a lungo termine. Una legge quindi, signor Presidente, importante, dai contenuti chiari, di cui vale la pena sottolineare brevemente alcuni aspetti più significativi.
        Allo Stato spetta la promozione della ricerca e della sperimentazione tecnico-scientifica, insieme alla raccolta e all'elaborazione dei dati, compiti questi affidati al Comitato interministeriale per la prevenzione e riduzione dell'inquinamento elettromagnetico. Ingente è il lavoro che, a nostro avviso, si prospetta nell'istituzione del catasto nazionale, il quale sì fonderà sui catasti che le amministrazioni regionali dovranno realizzare e gestire; data l'assenza, fino ad oggi, di dati certi, sicuramente si opererà all'inizio affidandosi soltanto a stime.
        Al Governo spetta il compito di delineare, mediante l'emanazione di decreti, i criteri per l'elaborazione dei piani di risanamento, con l'indicazione delle priorità di intervento e dei tempi di attuazione; piani che le singole regioni dovranno adottare anche attraverso la loro delocalizzazione. L'adeguamento degli impianti già esistenti dovrà avvenire in modo graduale e, comunque, entro il termine di ventiquattro mesi.
        Compito fondamentale delle regioni, insieme con le province e i comuni è, di conseguenza, quello di adottare un piano regionale di localizzazione degli impianti di emittenza televisiva; si tratta di un programma che deve essere basato sui princìpi della salute, di compatibilità ambientale, di trasferimento degli impianti già installati nelle zone di maggiore sensibilità ambientale, di pari opportunità tra «esercenti e cittadini».
        Inoltre, le regioni stabiliscono i criteri generali per localizzare altri tipi di impianti fissi, definiscono i tracciati degli elettrodotti, prevedendo le fasce di rispetto e individuano le modalità per il rilascio delle autorizzazioni.
        Di particolare rilievo è, inoltre, signor Presidente, onorevoli colleghi, l'articolo relativo all'educazione ambientale e all'informazione ai cittadini, promossa dal Ministero dell'ambiente e assicurata dagli enti locali attraverso iniziative sul territorio e nelle istituzioni per garantire sempre più un'adeguata conoscenza del territorio e di quanto su di esso sarà installato.
        Concreta è la norma che consentirà giuste informazioni agli utenti sugli apparecchi, in particolare di uso domestico, che negli ultimi tempi - come tutti sappiamo - hanno creato non pochi problemi all'utenza: etichette e schede informative nelle quali i produttori dovranno indicare i livelli di esposizione generati dall'oggetto, le distanze di utilizzo consigliate e le principali prescrizioni di sicurezza.
        Infine, per quanto riguarda la copertura finanziaria, dichiariamo la nostra grande soddisfazione dal momento che tale copertura è stata notevolmente migliorata dall'articolo 105 della legge finanziaria 2001 appena votata, che stanzia una quota pari al 10 per cento dei proventi derivanti dalle licenze UMTS a favore della prevenzione e della riduzione dell'inquinamento elettromagnetico.
        Ringraziamo il Governo, in particolare l'onorevole sottosegretario Valerio Calzolaio, e il relatore, senatore Giovanelli, che su questo argomento hanno fornito una risposta positiva e significativa che consentirà di attuare in modo adeguato una legge quadro che può essere definita la novità ambientale più significativa dell'intera legislatura.
        Per queste ragioni, ci auguriamo che la normativa al nostro esame diventi operativa in questa stessa legislatura perché attesa dalla popolazione italiana e dovuta dal Parlamento per tutelare la salute dei cittadini ed anche perché ci porrà tra le nazioni più sensibili nella battaglia per la protezione dall'inquinamento elettromagnetico.
        Da subito le sottolineo, onorevole Sottosegretario, che l'impegno dei parlamentari del Gruppo dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo sarà certo e concreto. All'Aula e a lei, signor Presidente, preannunzio, con convinzione, il voto favorevole alla legge quadro al nostro esame. (Applausi dal Gruppo DS. Congratulazioni).

        PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Bosi. Ne ha facoltà.
        BOSI. Signor Presidente, colleghi, in questo dibattito è emerso uno spaccato molto significativo di due scuole di pensiero, di due tendenze, che si misurano nel nostro Paese tutte le volte che ci si confronta sui rischi per la salute in riferimento a problematiche che si accompagnano a grandi incognite.

        Indubbiamente, è stato da tutti rilevato (anche in occasione del precedente dibattito sulla vicenda del cosiddetto morbo della mucca pazza) che vengono paventati rischi intorno ai quali però la scienza non sembra poter offrire certezze.
        Di fronte a queste incertezze è fatale che si muovano concezioni diverse e che si propugnino comportamenti differenti da parte dello Stato. Quando poi ci si accinge a legiferare, queste contraddizioni, queste diverse interpretazioni emergono e si impattano con esigenze concrete.
        Trattandosi di un fatto che mi ha interessato e, per certi versi, colpito, voglio qui ricordare la polemica richiamata dal collega Maggi nel suo intervento, quando ha fatto riferimento ai ritardi con i quali si è addivenuti al dibattito in Aula sul provvedimento in esame.
        Lo stesso relatore Giovanelli, rilasciando varie dichiarazioni, ha precisato che vi sono interessi forti che contrastano l'approvazione di tale disegno di legge e ha fatto chiaramente intendere che, probabilmente, la data di gennaio 2001 come termine ultimo per approvare il provvedimento in questo ramo del Parlamento, che dovrà poi essere sottoposto ad una nuova approvazione da parte della Camera, lascia ragionevoli dubbi per ritenere che, alla fine di questa legislatura, non se ne farà nulla.
        Come mai questi ritardi? Perché un provvedimento licenziato moltissimi mesi fa dalla Commissione ambiente in sede referente giunge soltanto a fine gennaio 2001 in Aula? Si sono misurati diversi atteggiamenti e differenti interessi ai quali facevo innanzi riferimento. Si parla di scontri durissimi (lo ha fatto il collega che ho prima richiamato) fra i gestori delle aziende pubbliche o ex pubbliche nel settore dell'energia elettrica e in quello delle comunicazioni da una parte e l'anima ambientalista del Paese dall'altra.
        Se andiamo a rileggere le dichiarazioni rilasciate dall'onorevole Mattioli, attuale ministro, precedentemente sottosegretario ai lavori pubblici, c'è di che trasecolare. Da un lato, vi è una realpolitik di chi dichiara (sostanzialmente questo è il punto di vista che rispecchia gli interessi dei gestori nominati dal Governo di aziende a partecipazione pubblica) di stare dentro i limiti e di volere certezza di diritto perché vuol lavorare e tali questioni hanno un grande impatto sullo sviluppo economico del Paese; dall'altro lato, vi è una posizione - se vogliamo di tipo più allarmistico - in base alla quale si sostiene che non vi sono limiti, quasi addirittura a negare il diritto di cittadinanza all'inquinamento elettromagnetico.
        Ritengo che abbiamo il dovere di sgombrare il campo da questi equivoci. Il collega Cò, intervenendo in precedenza, parlava di «soglia zero» nell'inquinamento, di minimalizzazione dei limiti e dei dati; il ministro Mattioli ha addirittura parlato di certezza di danni, a differenza di altre autorità scientifiche che forniscono consulenze allo Stato. Lo stesso ministro della sanità Veronesi ha dichiarato che vi sono forti dubbi sulla relazione causa-effetto; la cosa sicura è che non vi sono certezze.
        Di fronte a tutto questo, non vorrei che vi fosse una strumentalizzazione - alla quale noi della Casa delle libertà e, in particolare, noi del CCD non ci vogliamo assolutamente prestare - per cui si enfatizzano i dubbi, le preoccupazioni e i pericoli semplicemente per legittimare una posizione, per dire: «bene o male qua ci sono io a fare la guardia».
        Ma se la sentono questi signori che hanno un ruolo determinante per il Governo di prevedere l'esclusione dell'esistenza di supporti tecnologici che oggi sono considerati indispensabili? Chi è che si sente di privare intere zone delle grandi città della possibilità di comunicare attraverso la telefonia cellulare? Eppure, sappiamo che nelle aree densamente abitate non c'è altra alternativa che quella di installare antenne e siti per la telefonia cellulare mobile, così come del resto le antenne per le trasmissioni via radio, in posizioni che non possono rispondere a quella minimalizzazione del rischio che viene invocata.
        E allora, delle due l'una: o noi blocchiamo l'utilizzazione dei mezzi tecnologici avanzati, oppure dobbiamo convivere con una situazione di rischio. L'atteggiamento serio, che a mio avviso si deve tenere e che del resto viene posto in essere in tutti i Paesi occidentali, è quello di sviluppare la ricerca per individuare le soglie di rischio e costituire elementi di protezione dei cittadini rispetto a tali soglie: questa è la strada da seguire.
        Per quanto riguarda il nostro Paese, esso è stata l'unica nazione della Comunità europea che non ha votato a favore della raccomandazione 12 luglio 1999, n. 519, che faceva propri i dati di protezione dalle radiazioni non ionizzanti, successivamente ripresi, anzi ridotti in una condizione minimalista, dal decreto ministeriale n. 381 del 1998, varato dal ministro Ronchi.
        Ebbene, se quelli sono i dati che vengono indicati in un decreto, dobbiamo preoccuparci che quei dati vengano rispettati, dobbiamo far sì che la legislazione vigente consenta di intervenire, sanzionare, punire e impedire che questi limiti vengano oltrepassati, ma non si deve fare al riguardo questa strana perorazione per la quale bisogna totalmente esorcizzare un possibile rischio, ancorché non denunciato.
        Ad esempio, io so - perché basta occuparsi di questi problemi per venirne a conoscenza - che vi è una situazione di allarmismo, che si badi bene non voglio esorcizzare, perché esistono fattori di rischio e bisogna tenerne conto.
        Dovremo pur dare delle certezze ai cittadini, indicare quando rischiano la salute e quando no? Quando si afferma, come è stato fatto anche abbondantemente in quest'Aula, che si rischia sempre a prescindere da ogni valore e misurazione, quale operazione facciamo in questo Paese quando per il rilascio delle autorizzazioni vengono fatti passare mesi, anni senza dare nessuna certezza né al cittadino utente che ha diritto a vedersi tutelato il proprio diritto fondamentale alla salute né all'operatore del settore? Questa è una situazione caotica che non può essere tollerata e che desta grande preoccupazione.
        Emerge a mio giudizio una sostanziale incapacità di governo dell'attuale maggioranza... (Commenti del senatore Bortolotto). Certo; quando voi, attraverso la presentazione di emendamenti, prolungate l'iter del provvedimento rischiando di non approdare a nessuna legge entro la fine di questa legislatura, è preferibile avere una legge discutibile piuttosto che niente dal momento vi sono stati di sofferenza e di malessere reali intorno a queste problematiche.
        Mi domando a che gioco giocano o se è una parte in commedia fatta per piacere all'ansia che scatena il potenziale pericolo e si invoca, come ai tempi dello stregone, la paura per diventare poi gli esorcizzatori di quest'ultima. Temo ciò e lo pavento.
        Quindi, se il provvedimento ha un difetto - lo voglio richiamare in questa sede - esso è quello di non introdurre meccanismi certi nelle valutazioni, nelle certificazioni, nei controlli e nelle sanzioni. Non si prevede ad esempio il potenziamento dell'AMPA, l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente. È possibile che quando si chiede di installare un'antenna non si riesce ad ottenere né la certificazione necessaria né le misurazioni di controllo? E gli stessi che operano presso il Ministero dell'ambiente sono quelli che seminano sconcerto e paura. Il pericolo quindi è che con questa legge, così invocata e necessaria, si possa dare la stura ad una serie di successivi atti, ove si rimandano le sostanziali decisioni.
        Mi rivolgo ai colleghi della maggioranza, in particolare: se, ad esempio, non si ritengono sufficienti i limiti imposti dal decreto Ronchi perché non se ne propone un abbassamento con la legge in esame, ma si rimanda alle decisioni che saranno adottate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanare in un momento successivo?
        Allora, o non si è in grado di affrontare e risolvere le problematiche sostanziali che si accompagnano all'esigenza di questo provvedimento oppure si vuole mantenere ancora in piedi la paura verso l'ignoto, verso un pericolo incombente senza fornire gli strumenti di difesa. Lo Stato ha il dovere di difendere i cittadini rispetto al problema e non di seminare l'allarmismo.
        Ci riserviamo di decidere il voto da esprimere sul provvedimento. Certo, ci preoccupano alcune zone di ombra, di indefinitezza nell'applicazione di questa legge, nonché alcune carenze di stanziamenti per il potenziamento degli organi di misurazione e di controllo e il rinvio all'obiettivo di qualità senza definirne i limiti.
        Tale compito è lasciato all'iniziativa dell'ente locale. Dico questo non perché non desideriamo che si diano poteri, autonomia e forza decisionale agli enti locali, ma non vorremmo che la medesima apparecchiatura, che magari esorbita i limiti fissati, venga sanzionata in una regione e non in un'altra, in un comune e non in un altro, con un caos di riferimento che già si preannuncia preoccupante per questioni riguardanti materie come l'energia, la telecomunicazione, il sistema di comunicazione, con il loro impatto con la new economy, con la possibilità di sviluppo economico, e che risulta paralizzante allo sviluppo del nostro Paese e al suo adeguamento alle esigenze di modernizzazione.
        Queste sono le preoccupazioni che abbiamo voluto esternare. Mentre ci riconosciamo sostanzialmente nell'impianto della legge (per quanto vi è previsto è sostanzialmente condivisibile), è preoccupante - ripeto - quello che viene rimandato ad altri provvedimenti e soprattutto quello che non si dice ma si alimenta attraverso varie iniziative a livello politico in un caos governativo che desta sensazione e fa impressione. Questo è il giudizio che non esprimiamo solo noi ma anche i membri della maggioranza quando nei loro interventi danno accentuazioni marcatamente diverse e interpretazioni assolutamente differenti rispetto agli stessi fatti.
        Signor Presidente, ho concluso il mio intervento e ringrazio lei e i colleghi per l'attenzione. (Applausi dai Gruppi FI e CCD).

        PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Specchia, il quale nel corso del suo intervento illustrerà anche l'ordine del giorno n. 102. Ne ha facoltà.
        SPECCHIA. Signor Presidente, prima di tutto chiedo scusa ai colleghi, alla Presidenza e ovviamente al rappresentante del Governo, il sottosegretario Calzolaio, per non aver potuto seguire, com'era mio dovere e com'era mia volontà, tutto il dibattito che si è svolto finora su questo importante provvedimento. Non l'ho potuto fare perché sono stato impegnato ieri e ancora oggi, fino a qualche minuto fa, a presiedere una commissione di concorso per l'assunzione di personale in Senato.

        Quindi, utilizzerò questi pochi minuti per aggiungere qualcosa a ciò che già nelle scorse settimane, quando è iniziata la discussione generale, è stato detto dal collega Maggi, ma soprattutto voglio cogliere l'occasione per illustrare l'ordine del giorno n. 102 da noi presentato.
        Intanto sottolineo che noi come Gruppo non da oggi siamo favorevoli ad una nuova regolamentazione della materia, tant'è che abbiamo presentato anche qui in Senato un disegno di legge già sottoposto all'attenzione della Camera che era più che altro un atto di volontà politica, che ovviamente non aveva la pretesa di regolamentare sin nei particolari la materia in modo preciso, ma era un contributo di Alleanza Nazionale alla risoluzione di questo problema.
        Come sa il Sottosegretario, in Commissione abbiamo tenuto una posizione non certamente ostruzionistica ma collaborativa, ritirando anche diversi emendamenti da noi presentati (alcuni eccessivamente oltranzisti) e insistendo invece su altri. Qual è la nostra posizione? Essa è stata illustrata dal senatore Maggi, che si è soffermato anche su aspetti tecnici, ma voglio ribadirla brevemente.
        In una materia che coinvolge interessi obiettivamente contrapposti, da una parte gli interessi della salute e dell'ambiente, dall'altra quelli economici e occupazionali di importanti comparti del nostro Paese (la telefonia mobile, l'ENEL, il settore radiotelevisivo), non bisogna, per principio, penalizzare nessuno. Siamo dunque contrari alla penalizzazione dei settori che ho ricordato, ma riteniamo ovviamente che tra i due tipi di interesse debba comunque prevalere la tutela dell'ambiente e della salute. È questo il principio che ha ispirato e che ispira ancora oggi la condotta dei senatori di Alleanza Nazionale.
        Non condividendo pienamente il testo licenziato dalla Commissione, abbiamo presentato emendamenti, che sono migliorativi dal nostro punto di vista, e un ordine del giorno. A tale proposito, devo avanzare un rilievo e una critica politica; non se ne dispiacciano il sottosegretario Calzolaio e, soprattutto, i colleghi della maggioranza.
        Dopo aver lavorato abbastanza bene in Commissione ambiente durante lo scorso mese di luglio, senza alcun ostruzionismo da parte di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega, ci aspettavamo che alla ripresa dei lavori, dopo la pausa estiva, il provvedimento, migliorato in alcuni aspetti, fosse licenziato dall'Assemblea e trasmesso all'altro ramo del Parlamento per l'approvazione definitiva. La Camera avrebbe potuto già definire la materia e oggi avremmo la legge quadro.
        Recitare il mea culpa spetta dunque al Governo e alla maggioranza. Mi risultano davvero incomprensibili certi proclami, appresi tramite la stampa, soprattutto del Ministro dell'ambiente, che è concretamente assente rispetto a tali questioni. Vengono rivolte sollecitazioni di ogni tipo; anche l'onorevole Veltroni ha chiesto al presidente Mancino di intervenire. In verità, come è accaduto rispetto ad altre materie - da ultimo, perdendo tempo, in relazione alla legge elettorale - se vi fosse stata la volontà di approvare il disegno di legge, ciò sarebbe accaduto.
        Conoscevamo la situazione; sapevamo che essa era determinata anche dalle divergenze, alcune delle quali profonde, esistenti tra i Verdi e le altre componenti della maggioranza e chiaramente manifestatesi in Commissione. Abbiamo capito che si rischiava di non giungere all'approvazione di una legge quadro da parte del Senato e che essa non sarebbe stata comunque licenziata dalla Camera.
        Devo riconoscere che il sottosegretario Calzolaio - bontà sua! - ha profuso un impegno continuo rispetto a questa materia; al di là di singoli aspetti, alcune questioni importanti erano condivise. Ebbene, il Sottosegretario aveva presentato da tempo, alle Commissioni parlamentari competenti, la bozza di due decreti, che poi sono quelli che interessano veramente alla gente. Tutti gli operatori dei diversi settori interessati alla materia attendono la legge quadro, ma attendono soprattutto i decreti attuativi, che stabiliscono importanti limiti.
        Il Sottosegretario aveva chiesto un parere preventivo sulla bozza dei decreti, perché non si sapeva che cosa sarebbe accaduto. Non si sapeva se aspettare la legge quadro, che prevede anch'essa decreti attuativi, oppure, nell'impossibilità di vararla per motivi politici e per situazioni particolari cui ho accennato, emanare comunque decreti modificativi di quelli esistenti in base alla normativa del 1997, che ha dato vita al decreto n. 381 del 1998.
        Proprio per questo motivo, abbiamo presentato (mi avvio alla conclusione del mio intervento, perché anche se mi piace molto intrattenermi sull'argomento avremo modo di aggiungere altre considerazioni in sede di esame degli emendamenti) l'ordine del giorno n. 102, che in sostanza prevede - o meglio prevedeva, perché lo abbiamo presentato nello scorso mese di luglio - che se si dovesse intravedere l'impossibilità di approvare una legge quadro, allora prima di dicembre (dicembre è già passato, ma questa era la nostra volontà politica) si dovrebbero comunque approvare i decreti perché vi siano finalmente certezze.
        Parliamoci chiaramente: le opinioni possono essere le più diverse, non abbiamo certezze scientifiche sugli effetti delle onde elettromagnetiche sulla salute dell'uomo. Ci sono comunque dei timori e c'è un principio di precauzione richiamato alla mente di tutti da parte dell'Organizzazione mondiale della sanità e della stessa Unione europea e ora anche da parte del Parlamento (ne abbiamo parlato in Commissione e siamo tutti d'accordo). La gente ha bisogno di certezze con riferimento al principio di precauzione, così come le imprese, perché nessuno può vivere nell'attesa che qualcosa cambierà e di come ciò avverrà.
        Chiedevamo, quindi, entro il mese di dicembre la conversione di questi decreti-legge, i quali - ne parlavo poc'anzi con il signor Sottosegretario - sono stati ulteriormente modificati in seguito ai pareri espressi dalle due Commissioni e oggi sono all'esame della Conferenza Stato-regioni.
        Mi permetto di dire (credo molto in questo, anche per le battaglie che ognuno di noi fa nel proprio territorio: non possiamo certamente prendere in giro la gente, al di là delle appartenenze politiche), a nome del Gruppo Alleanza Nazionale, che nel momento in cui dovesse verificarsi la situazione per cui qui al Senato o alla Camera dei deputati tra qualche giorno vi dovesse essere la percezione che davvero non c'è la possibilità di licenziare il provvedimento al nostro esame, questi decreti dovrebbero venire alla luce, perché la gente ha bisogno di certezze e di maggior tutela, secondo il principio di precauzione rispetto all'attuale normativa che non garantisce tutto questo e, come sa benissimo (certamente meglio di me) il signor Sottosegretario, è lacunosa rispetto a tanti aspetti che richiamiamo nell'ordine del giorno n. 102.
        Quando arriveremo a discutere proprio nel merito dell'ordine del giorno evidenzierò alcune condizioni che poniamo, aspetti sui quali abbiamo dibattuto in Commissione e su cui non solo vi è l'attenzione del senatore Bortolotto (che, anzi, in sede di esame della finanziaria, ha aggiunto ulteriori considerazioni) ma anche quella del signor Sottosegretario il quale, quando abbiamo discusso a proposito del disegno di legge quadro, manifestò al riguardo un'apertura rinviando al dibattito in Aula.
        Siamo, quindi, in attesa di tale discussione per comprendere la posizione del Governo sugli emendamenti e anche sulle questioni in esame per poi esprimere quale sarà il nostro voto finale, che al momento certamente non è soddisfacente.
        Speriamo che qualche nostro emendamento migliorativo venga accolto. (Congratulazioni).

        PRESIDENTE. Rinvio il seguito della discussione dei provvedimenti in titolo ad altra seduta.