1002ª SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
MERCOLEDÌ 17 Gennaio 2001
(Pomeridiana)
Presidenza del vice presidente
ROGNONI,
indi del vice presidente
CONTESTABILE
Seguito della discussione
dei disegni di legge:
(4273) Legge quadro
sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici
(Approvato dalla Camera dei deputati)
(2149) DE CAROLIS
e DUVA. - Normativa nazionale in materia di prevenzione dell'inquinamento
da onde elettromagnetiche generate da impianti fissi per telefonia mobile
e per emittenza radiotelevisiva
(2687) RIPAMONTI ed
altri. - Norme per la prevenzione dei danni alla salute e all'ambiente
prodotti da inquinamento elettromagnetico
(3071) CÒ ed
altri. - Norme per la tutela dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici
ed elettromagnetici
(4147) SPECCHIA ed
altri. - Legge quadro sull'inquinamento elettromagnetico. Disposizioni
per la progettazione, l'installazione, l'uso e la diffusione commerciale
di apparecchiature elettriche e per telecomunicazioni generanti sorgenti
di radiazioni non ionizzanti
(4188) BONATESTA.
- Legge quadro sull'inquinamento elettromagnetico
(4315) SEMENZATO.
- Obbligo di segnalazione dei rischi alla salute derivanti dai campi elettromagnetici
emessi dagli apparati di telefonia cellulare
(Relazione orale)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge n. 4273, già approvato dalla Camera dei deputati, e nn. 2149, 2687, 3071, 4147, 4188 e 4315.
Ricordo che nel corso della seduta pomeridiana del 6 dicembre 2000 ha avuto
inizio la discussione generale, che ora riprendiamo.
È iscritto a parlare il senatore Bortolotto. Ne ha facoltà.
BORTOLOTTO. Signor Presidente, finalmente riprende l'esame del disegno di legge contro l'elettrosmog, che è stato licenziato sei mesi fa dalla Commissione ambiente del Senato e più di un anno fa, precisamente il 14 ottobre 1999, dalla Camera dei deputati: si può quindi affermare che procede a fatica.
Molti provvedimenti che tentano di regolamentare le cause ambientali di
gravi danni alla salute, come in passato le leggi sull'amianto, sul benzene
e sul tabacco o, più di recente, le iniziative assunte contro la
diffusione dell'uranio impoverito per usi bellici, riescono ad andare avanti
solo con grande fatica, nonostante si tratti di provvedimenti che, in genere,
non costano molto denaro pubblico.
Esiste sempre una lobby - che poteva essere ieri quella del tabacco
o delle compagnie petrolifere e che oggi è quella delle compagnie
elettriche, telefoniche e radiotelevisive - che sostiene di volta in volta
che la questione posta non è poi così grave, che non vi è
certezza sulle cause dei danni alla salute o che comunque non si può
stabilire un limite di sicurezza perché le informazioni scientifiche
sono insufficienti. Queste posizioni rallentano le attività di prevenzione,che
dovrebbero essere invece alla base della tutela della salute nel nostro
Paese, perché dopo secoli nei quali le principali cause di danni
alla salute sono state le grandi epidemie e le malattie infettive (che
poi, per fortuna, almeno nel nostro Paese sono state sconfitte soprattutto
per il miglioramento delle condizioni generali di vita), oggi le principali
cause di degrado della salute sono le malattie degenerative che trovano
nelle cause ambientali, nell'alimentazione, o anche nelle cattive abitudini
come quella del fumo le loro origini. Ogni qualvolta si riesce ad individuare
una nuova causa di danno possibile, quindi, bisognerebbe intervenire con
grande tempestività, perché poi altrimenti le conseguenze
sono i morti.
Per quanto riguarda gli effetti causati dai campi elettromagnetici, essi
sono diffusi in vario modo: una forma è la diffusione della corrente
elettrica attraverso le linee elettriche e le cabine di trasformazione,
presenti numerosissime nelle nostre città. Ebbene, lunghe esposizioni
ai campi elettromagnetici prodotti dal trasporto dell'energia elettrica
favoriscono degli effetti non termici di detti campi. Dico «non termici»
perché invece la legge vigente sugli elettrodotti si riferisce esclusivamente
alla tutela della salute da effetti termici: viene cioè dato per
assunto che la causa dei danni sia il riscaldamento dei tessuti prodotto
da questi campi elettromagnetici; è questo un effetto ben noto,
perché i forni a microonde cuociono i cibi, appunto, con microonde,
cioè con campi elettromagnetici, quindi che ci sia un effetto termico
è evidente a chiunque.
Un'indagine condotta negli Stati Uniti dal Dipartimento della salute pubblica
pubblicata sull'American Journal of Epydemiology ha accertato una
triplicazione della frequenza dei casi di depressione e l'aumento di una
volta e mezzo delle cefalee sottoponendo a test rigorosi 400 individui
residenti vicino ad elettrodotti. Il campo era basso (0,2 micro Tesla)
e molti studi confermano che l'esposizione a campi elettromagnetici a bassa
frequenza è associata a malattie ben più gravi, quali l'insorgenza
di leucemie tra la popolazione soprattutto infantile. Questa ipotesi è
supportata da un cospicuo numero di lavori scientifici basati sia su indagini
epidemiologiche, sia su ricerche di laboratorio. Anche il nostro Istituto
superiore della sanità con due rapporti, uno del 1995 e l'ultimo
del 1998, conferma che un esame degli studi scientifici depone a favore
di un'associazione tra l'esposizione a lungo termine a campi a bassa frequenza,
quali quelli degli elettrodotti, e l'insorgere della leucemia infantile,
suggerendo di modificare la legge vigente, se non altro in base al principio
di precauzione.
Nel settembre 2000, poi, è stato pubblicato un recentissimo studio
della Comunità europea la quale, avendo adottato di recente una
direttiva su questo argomento e intendendo approfondire la questione, ha
commissionato una ricerca a 20 tra i maggiori centri di ricerca del mondo.
Ebbene, questo studio ha confermato che c'è un raddoppio dei casi
di leucemia infantile nei pressi di elettrodotti quando il campo elettromagnetico
ha valori uguali o superiori a 0,4 micro Tesla.
Per quanto riguarda invece le frequenze più elevate, quelle delle
antenne per telefonia cellulare, dei ripetitori radiotelevisivi e dei radar,
oggi si sa con certezza che esse hanno un effetto sugli organismi biologici.
Gli effetti riscontrati vanno dalla semplice tachicardia fino a malattie
neurovegetative, leucemie, variazioni del numero di linfociti e granulociti,
variazione del livello degli anticorpi e così via.
Un caso gravissimo è stato denunciato proprio l'altro ieri dal Ministro
della difesa tedesco: Rudolf Scharping ha dichiarato che 24 soldati che
hanno lavorato sui radar sono morti tra il 1976 e il 1996 in Germania,
la maggior parte per cancri che sarebbero stati provocati dalle onde elettromagnetiche
emesse appunto dai radar, confermando i risultati di uno studio presentato
sabato dalla televisione pubblica ZDF. «I risultati di questo studio
sono incontestabili», ha detto il Ministro tedesco. Secondo la ricerca
curata dall'università di Witten-Herdeck, 99 soldati, tecnici o
operatori radar hanno ancora gravi problemi di salute. Ne sono appunto
morti 24, di cui 18 per cancri che potrebbero essere stati provocati da
radiazioni elettromagnetiche; l'età media di queste vittime era
di 40 anni.
Esistono, oltre a questi effetti gravissimi a lungo termine che insorgono
purtroppo anche 20 anni dopo l'esposizione, effetti a breve termine come
variazioni della permeabilità cellulare, del metabolismo, delle
funzioni ghiandolari, del sistema immunitario, del sistema nervoso centrale
e del comportamento.
Per quanto riguarda gli elettrodotti, la legge vigente è assolutamente
superata perché pone un limite di 100 micro Tesla, quando i valori
indicati da queste ricerche e anche dal recente documento dell'Istituto
superiore di sanità indica soglie comprese tra gli 0,2 e gli 0,5
micro Tesla, cioè soglie di 500 volte inferiori a quelle oggi in
vigore. Infatti l'Istituto superiore di sanità suggeriva una modifica
della legge vigente,che finalmente stiamo esaminando.
Nemmeno le distanze minime delle linee dagli edifici oggi in vigore (che
sono di soli 10 metri, per esempio, per un elettrodotto da 132.000 volt)
appaiono adeguate. Infatti in tutta Italia ci sono comitati di cittadini
che protestano contro le linee elettriche e un paio di anni fa il TAR del
Veneto ha annullato una delibera comunale che trasferiva una scuola elementare
in un nuovo edificio posto sotto una linea ad alta tensione perché
in una delle aule della scuola il campo misurato, anche se sotto gli 0,5,
superava gli 0,2 micro Tesla. Ebbene, la sentenza del TAR che ha annullato
la possibilità per i bambini di andare in questa scuola, sollecitata
dai loro stessi genitori (chi può dar loro torto nel momento in
cui chiedono la tutela della salute dei loro figli?) è stata confermata
dal Consiglio di Stato.
La legge-quadro in preparazione sancisce finalmente l'importantissimo principio
di cautela, contenuto nel Trattato dell'Unione europea, introdotto da pochi
anni: esso afferma che non spetta al cittadino dover dimostrare che una
determinata situazione ambientale, come in questo caso l'emissione di elettrosmog
o in passato l'inquinamento atmosferico, magari causato da benzene o da
amianto, fa male alla salute. Sta a chi si rende responsabile di diffondere
anche nelle abitazioni dei cittadini questo tipo di rischio dimostrare
che il rischio non esiste e che l'innovazione è sicura. In base
al principio di cautela occorre dimostrare che quello che si intende realizzare
non comporta danni per la salute. Ciò a differenza di quanto avveniva
fino a poco tempo fa, quando vigeva la norma secondo cui tutto si poteva
fare finchè non era dimostrato - e purtroppo per dimostrarlo occorrevano
dei morti - che faceva male.
Il provvedimento che stiamo esaminando finalmente introduce il principio
di cautela. Va anche detto che il Governo ha tentato di fare qualcosa:
dopo la sentenza del TAR del Veneto che dichiarava l'impossibilità
di far permanere gli alunni in una scuola in presenza di una percentuale
superiore agli 0,2 micro Tesla, il Ministero della sanità ha predisposto
una circolare in base alla quale il risanamento degli elettrodotti - da
effettuarsi in base al decreto risalente al 1992 - non deve essere fatto
per raggiungere l'obiettivo previsto in quel decreto, da considerarsi oramai
inadeguato in base alle sentenze del TAR e del Consiglio di Stato. Almeno
nei luoghi dove sono presenti i bambini (le scuole, gli ospedali con reparti
per bambini, i parchi gioco) il risanamento deve essere effettuato per
raggiungere gli 0,2 microTesla.
Naturalmente le compagnie elettriche interessate, soprattutto l'ENEL, non
hanno accettato di applicare questa circolare e si è instaurata
una serie di processi su tutto il territorio nazionale contro gli elettrodotti,
intentati da parte di comitati di cittadini che chiedono di difendere la
loro salute. Speriamo con questa legge di risolvere tali situazioni fissando
finalmente un limite che tutti dovranno rispettare.
Noi, per la verità, abbiamo presentato alcuni emendamenti che suggeriscono
di ridurre ulteriormente i limiti, perché l'applicazione del principio
di cautela vorrebbe che se degli studi stabiliscono che a 0,2 micro Tesla
si verifica già un raddoppio dei casi di leucemia infantile, si
stesse ben sotto questo limite per garantire in modo assoluto la salute.
Non si può arrivare, per imporre la tutela della salute, ad un limite
per cui si verifica un raddoppio di questi casi. La salute è un
bene costituzionalmente garantito e assoluto che non deve essere messo
in discussione.
Noi, dicevo, abbiamo proposto una serie di emendamenti, che speriamo vengano
approvati, i quali, da una parte, riaffermano le competenze delle autonomie
locali, il ruolo delle regioni e dei comuni nella difesa della salute dei
loro cittadini, e quindi anche la loro possibilità di intervenire
direttamente nella fissazione dei limiti, dall'altra suggeriscono i limiti
da introdurre, che la legge delega al Governo, il quale dovrà provvedere
con un decreto.
In realtà, la questione del decreto è abbastanza importante,
perché era stato approvato sia dalla Camera sia dalla Commissione
del Senato un ordine del giorno che impegnava il Governo a provvedere comunque
con decreto alla fissazione dei limiti anche nelle more dell'approvazione
della legge. Il Governo ha tutti i poteri per farlo perché la legge
di riforma sanitaria e quella di istituzione del Ministero dell'ambiente
gli attribuiscono il compito di fissare limiti a tutela della salute per
tutti gli inquinanti, chimici, fisici, compresi quindi quelli dell'elettrosmog.
Il Governo non ha ottemperato all'impegno che si era assunto, pur essendosi
dichiarato disponibile ad assumerlo con il Parlamento; non vi ha ottemperato
nei modi che erano stati indicati dalle Camere.
Noi speriamo che nel corso del dibattito vengano dal Governo indicazioni
precise su cosa intende fare con questo decreto, e soprattutto auspichiamo
che il provvedimento in esame venga approvato rapidamente con le modifiche
che abbiamo proposto.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Meluzzi. Ne ha facoltà.
MELUZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sarò molto più
breve del collega che mi ha preceduto. Condivido buona parte delle notazioni
che sono state qui fatte e annuncio il voto favorevole del nostro Gruppo.
Userò questo breve tempo a disposizione per esprimere alcuni criteri
che credo riguardino un po' tutte le discussioni che in quest'Aula, in
generale nel dibattito politico-culturale, attengono al tema della nocività
ambientale e dei criteri di prudenza o di cautela che sono, prim'ancora
che dei princìpi del buon governare, dei criteri che definirei di
tipo epistemologico, di filosofia della scienza.
Molte delle obiezioni che vengono mosse da chi non condivide l'introduzione
di criteri di cautela all'interno di norme giuridiche attengono all'affermazione
- che ho sentito fare anche in Aula nel dibattito di quest'oggi sul tema
della BSE, ma anche sul problema della nocività dell'uranio impoverito
o quant'altro - che della nocività di una certa cosa non esisterebbe
una certezza sperimentale. Quindi, secondo chi non è d'accordo con
tale posizione, se non vi è una certezza sperimentale dimostrata
secondo i paradigmi della scienza che una certa cosa è nociva, non
è giusto, non è sensato, non è logico introdurre criteri
di limitazione o esprimere giudizi che riguardano il fatto in questione.
Tutto ciò è sbagliato perché io credo che, così
come esiste una distinzione tra la verità giuridica e la verità
storica (è un problema sul quale si discute spesso anche in materia
di giustizia: altro è la verità che si forma nell'aula di
un tribunale, che evidentemente è una verità formale, non
sostanziale, che attiene ai meccanismi della formazione dell'opinione della
Corte, altro è la verità storica rispetto ad un evento, che
obbedisce a leggi diverse), allo stesso modo esistano una verità
scientifica e una verità normativa in materia che riguarda la salute.
Non sono la stessa cosa. Faccio un esempio: il «British Journal of
Medicine» ha pubblicato in questi giorni un report che riguarda
786 casi di pazienti portatori di tumore al cervello, studiati catamnesticamente,
cioè retrospettivamente, per dieci anni, cercando di correlare la
quantità e la durata dell'uso del telefonino all'insorgenza del
tumore. In base al risultato di questa ricerca, non vi è alcuna
correlazione in questo momento dimostrabile tra l'uso costante e continuo
del telefonino e l'insorgenza del tumore, nel senso che si può sovrapporre
esattamente il numero di coloro che sono portatori di tumore ed erano grandi
utilizzatori del telefonino e il numero di coloro che sono portatori di
tumore e non utilizzavano il cellulare.
Ciò significa forse che le onde elettromagnetiche e le microonde
prodotte da un trasmettitore personale, come il cellulare, non possono
mai e comunque indurre effetti sulla materia biologica che favoriscano
l'insorgenza del tumore? Evidentemente no, perché altro è
stabilire una verità statistico-scientifica, che attiene al giudizio
di causalità, altro è introdurre, attraverso sistemi di cautele
e di norme, tutte le misure che possano tutelare il bene comune di chi
ne dispone.
Questa è la ragione per la quale, anche in assenza di dati certi,
scientificamente provati, sulla nocività, il legislatore ha uno
spazio di intervento. Sono comunque d'accordo con il senatore Bortolotto:
esistono dati certi sulla nocività di molte emissioni di campi elettrici
ed elettromagnetici, misurabili in millivolt o in tesla. Questo è
del resto evidente: essendo il nostro corpo un grande dielettrico d'acqua,
è inevitabile che interagisca biologicamente con campi elettrici.
Poiché il nostro corpo è fatto di dipoli bioelettrici, sarei
assolutamente stupito, anche in qualità di medico, dell'assenza
di un'interazione massiccia tra un campo elettromagnetico e la materia
vivente. Si tratta dunque della scoperta dell'acqua calda.
L'assenza nella letteratura scientifica di un complesso di dati certi sulla
nocività non esclude, però, che debbano essere varate normative
precise e chiare. Se ciò non avvenisse, incorreremmo, magari a distanza
di cinque, dieci, quindici o vent'anni, nell'errore metodologico in cui
incorsero gli scopritori di raggi Röntgen. È notorio che i
primi radiologi morirono di quella che veniva chiamata la radiopatia attinica;
per gli effetti della radiazione morì la coppia Curie e morì,
per effetti di raggi da loro ritenuti assolutamente innocui, perché
non sembravano produrre effetti in quel momento, tutta la prima generazione
di radiologi e di radioterapeuti.
Per non incorrere in questo rischio, facciamo bene ad essere molto prudenti
nel formulare una legge che rappresenta un grande contributo di civiltà
e di salute, anche perché costringe, creando un nuovo frame
per i ricercatori, a produrre misure di prevenzione, di indagine e di tutela
del posto di lavoro, dell'abitazione e dell'immensa polluzione elettromagnetica
che ci circonda ovunque. È in gioco non soltanto il presente, ma
la vita delle future generazioni. (Applausi dai Gruppi DS e PPI).
PRESIDENTE. Senatore Meluzzi, vorrei ricordarle che, in sede di logica formale, il giudizio epistemologico è di possibilità, di impossibilità, di probabilità o di certezza. In questo caso viene in risalto soltanto il giudizio di probabilità, altrimenti si dovrebbe normare tutto. (Applausi del senatore Carcarino). Mi si perdoni questa amichevole osservazione.
È iscritto a parlare il senatore Cò. Ne ha facoltà.
CÒ. Signor Presidente, voglio entrare subito nel merito del provvedimento in esame, rilevando preliminarmente che il testo licenziato dalla Camera è stato peggiorato, su alcuni punti non secondari bensì essenziali, in modo del tutto inaccettabile secondo il punto di vista di Rifondazione Comunista, dalla 13ª Commissione del Senato.
Questo peggioramento, da un lato, determina da parte nostra una battaglia
emendativa per ripristinare il testo approvato dalla Camera dei deputati
e, dall'altro, un giudizio ovviamente negativo nel caso in cui tali emendamenti
non venissero accolti e quel testo non venisse ripristinato. Alla Camera
avevamo assunto un atteggiamento di astensione; certamente il testo attuale
non è da noi condivisibile.
Quali sono i punti essenziali sui quali è intervenuta una modifica?
Crediamo che innanzi tutto venga stravolto un punto fondamentale del provvedimento.
Il testo approvato dalla Camera dei deputati, sulla linea di un pensiero
avanzato, per così dire protezionistico, che vuole cioè applicare
il principio di precauzione, distingueva fra limite di esposizione per
la tutela della salute dagli effetti acuti e valore di attenzione come
limite da non superare per i possibili effetti a lungo termine.
Nel testo licenziato dalla Commissione si afferma invece che il limite
di esposizione è il vero ed unico limite sanitario. Scompare dal
testo l'espressione «ai fini della tutela della salute da effetti
acuti», e il valore di attenzione si trasforma in un semplice obiettivo
da raggiungere, cioè non si tratta più di un limite da non
superare, con l'aggravante che questo obiettivo da raggiungere deve fissarsi
secondo il cosiddetto rapporto costi-benefici.
A nostro avviso, la legge viene così stravolta e, dal punto di vista
dei princìpi generali, si realizza un arretramento politico e culturale
molto grave.
Abbiamo presentato una serie di emendamenti all'articolo 3, che vanno appunto
nella direzione di ripristinare il contenuto del testo approvato dalla
Camera dei deputati, per il quale i limiti di esposizione per gli effetti
acuti e i valori di attenzione per gli effetti a lungo termine sono in
realtà due limiti egualmente cogenti ed immediatamente applicabili
sul territorio.
Il secondo punto riguarda l'articolo 4, là dove al comma 5 viene
introdotta una norma che vieta alle regioni e anche, conseguentemente,
agli enti locali di introdurre misure più cautelative rispetto ai
limiti posti dalla legge dello Stato. Qui c'è una seconda questione
- appunto - decisiva: dato che non esiste un cosiddetto effetto soglia
sotto il quale c'è la certezza che non vi sia alcun danno, a nostro
avviso, occorre conseguentemente applicare il cosiddetto principio di minimizzazione,
ovvero le installazioni vanno progettate e realizzate determinando il livello
di esposizione più basso possibile.
A questo proposito, vorrei ricordare che alla Conferenza internazionale
sul posizionamento delle antenne per i cellulari, tenutasi a Salisburgo
il 7 e l'8 giugno 2000, 19 scienziati e specialisti di salute pubblica
fra i più importanti del mondo hanno firmato una dichiarazione in
cui si afferma testualmente che «attualmente c'è evidenza
che per gli effetti avversi per la salute non c'è soglia».
Ciò significa che il livello di sicurezza sanitario per l'esposizione
elettromagnetica attualmente è pari a zero.
Una recente analisi, che è stata finanziata dalla Commissione delle
Comunità europee, basata su nove (e sottolineo tale numero) studi
epidemiologici su base nazionale, ha rilevato un raddoppio del rischio
di leucemia infantile per i residenti esposti ad un campo magnetico maggiore
di 0,4 micro-Tesla.
Pertanto, i limiti fissati dallo Stato sono conseguentemente limiti massimi
da non superare, ma è del tutto ovvio che deve essere data facoltà
alle regioni e agli enti locali, tenendo conto del complesso dei fattori
inquinanti sul territorio, di introdurre misure maggiormente cautelative.
Il testo della Camera - voglio ricordarlo - prevedeva che le regioni concorressero
all'individuazione degli obiettivi di qualità nonché delle
azioni necessarie per il loro raggiungimento. Gli obiettivi di qualità
sono proprio l'insieme delle azioni che rendono possibile la minimizzazione
delle esposizioni e rappresentano non solamente la possibilità di
introdurre un valore di esposizione più basso, ma anche di intervenire
con altri strumenti che sono propri delle regioni e degli enti locali,
tra i quali voglio ricordare essenzialmente la programmazione urbanistica.
In pratica, si possono individuare siti idonei alle installazioni, in modo
che la conseguenza sia che il valore di esposizione dei residenti corrisponda
al limite più basso possibile.
Con la disposizione che obbliga le regioni a recepire in maniera pedissequa
quanto definito a livello nazionale senza poterlo migliorare, di fatto
si blocca il processo di introduzione di normative maggiormente cautelative
che, tra l'altro, è un'acquisizione di molte regioni e di molte
città anche sulla base della sensibilizzazione che è stata
portata avanti in questi anni dalle associazioni e dai comitati di base.
Per questo motivo, la soppressione del comma 5 dall'articolo 4, e la conseguente
previsione della possibilità per le regioni di migliorare la normativa
nazionale rappresentano per noi una condizione essenziale, senza la quale
la nostra valutazione rimane negativa.
Vi sono poi altri punti importanti, che noi riteniamo opportuno introdurre
attraverso i nostri emendamenti, e uno di questi riguarda l'articolo 9
che concerne i risanamenti. Noi pensiamo che i tempi previsti siano troppo
lunghi; si parla di due anni per le radiofrequenze e di dieci per gli elettrodotti.
Proponiamo quindi rispettivamente un anno e otto anni.
Per gli elettrodotti chiediamo che il risanamento sia finalizzato al raggiungimento
degli obiettivi di qualità e non dei valori di attenzione, secondo
il criterio in base al quale una volta che si è scelto di intervenire,
lo si deve fare ovviamente in base ad una prospettiva maggiormente cautelativa.
Questi emendamenti si riferiscono appunto al comma 4 dell'articolo 9.
Chiediamo inoltre che dal comma 4 venga eliminata l'espressione «entro
il 31 dicembre 2008» perché questo rappresenta un peggioramento
di quanto è già previsto attualmente dal decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri del 1992 che stabilisce che entro il 2004 vadano
risanati gli elettrodotti che non rispettano i limiti e le distanze previste
nel medesimo decreto.
Per quanto concerne le apparecchiature di uso domestico, individuale o
lavorativo - mi riferisco all'articolo 12 - poniamo all'attenzione del
Governo e dell'Aula una questione molto delicata, chiediamo cioè
che tutti gli strumenti di uso individuale, e quindi in particolar modo
il telefono cellulare, abbiano una omologazione di sicurezza che attesti
il non superamento dei limiti di esposizione definiti dalla legge. Tutti
gli emendamenti da noi presentati mirano ad introdurre tale principio di
cautela a questi strumenti per i quali oggi non è prevista alcun
tipo di regolamentazione.
Per quanto riguarda i controlli di cui all'articolo 14, chiediamo che dal
controllo e dalla vigilanza non siano escluse le strutture sanitarie.
Riteniamo cioè che le strutture sanitarie abbiano un ruolo importante
e rilevante da giocare in questo settore, mentre nel testo attuale la competenza
viene attribuita esclusivamente all'ARPA e alle agenzie di protezione ambientale.
La ragione mi pare evidente: si tratta di una materia che interessa precipuamente
la salute dei cittadini, quindi la materia sanitaria e l'articolo 32 della
Costituzione.
Per quanto concerne le sanzioni, noi proponiamo di introdurre una sanzione
di natura specifica. Pensiamo, cioè, che le sanzioni di carattere
economico non siano sufficienti e, almeno per il caso di recidiva, chiediamo
che venga introdotta la sanzione del diniego di nuove autorizzazioni all'esercizio
di ulteriori impianti per coloro che hanno violato la normativa di tutela.
Infine, la problematica relativa ai lavoratori professionalmente esposti
mi pare sia trattata nel testo in maniera molto generica; si rimanda ad
un decreto attuativo, la cui bozza il Governo ha già fatto conoscere
e che noi giudichiamo gravemente carente riguardo ai limiti troppo alti,
alla durata eccessiva all'esposizione e anche alla questione dei limiti
per la popolazione. È del tutto evidente (lo sappiamo, il Governo
l'ha detto più volte) che l'approvazione della legge è propedeutica
al varo dei decreti e che senza la legge i decreti non possono essere attuati:
questa è la posizione del Governo. Noi chiediamo che, a prescindere
dall'approvazione della legge vengano varati i decreti entro il 2000, anche
se la legge quadro non verrà approvata definitivamente.
Come ho detto e richiamato, penso che con queste modifiche, che tra l'altro
ripristinerebbero soltanto il testo approvato dalla Camera, avremmo una
condizione ottimale per poter procedere ad un intervento legislativo efficace
in questo settore.
Ovviamente il nostro giudizio definitivo sarà espresso sulla base
della disponibilità ad accettare le nostre proposte e noi ci auguriamo
che su questo, attraverso un dibattito sereno, si possa giungere ad una
conclusione positiva.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Carcarino. Ne ha facoltà.
CARCARINO. Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, onorevoli colleghi,
un disegno di legge del Governo, sei proposte parlamentari, due bozze dello
schema di decreto relativo ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione
e agli obiettivi di qualità non contemplati dal decreto ministeriale
n. 381 del 1998, la risoluzione e la raccomandazione europea in questo
ramo del Parlamento per una legge quadro. Bastano queste indicazioni per
capire che le onde elettromagnetiche, in tutte le loro manifestazioni,
dall'alta alla bassa frequenza, oltre che preoccupare fortemente la stragrande
maggioranza dei cittadini italiani e l'associazionismo organizzato, hanno
interessato direttamente il mondo istituzionale.
Fino ad oggi, infatti, il quadro normativo italiano è stato composto
quasi esclusivamente dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
del 23 aprile 1992, dalla sua successiva modifica del 1995, dal decreto
ministeriale n. 381 del 1998 e da alcune leggi regionali tra cui, in particolare,
quelle del Veneto e del Lazio. Una legislazione, cioè, in linea
con le indicazioni internazionali fornite da un comitato organizzatore
mondiale della sanità e recepita da vari Paesi negli ordinamenti
nazionali. In altre parole, in nessun Paese esiste una legge che includa
limiti di esposizione valutati anche in base ai possibili effetti acuti.
Quella italiana, dunque, attraverso la legge quadro al nostro esame, pur
rimandando, collega Cò, a 60 giorni dalla data di entrata in vigore
della legge, a due successivi decreti per stabilire i limiti, si prospetta
come una tra le prime normative organiche a livello internazionale; soprattutto
la possiamo considerare una legge innovativa, perché indica esplicitamente
l'obiettivo della protezione da possibili effetti a lungo termine.
La problematica dei campi elettromagnetici comincia a manifestarsi agli
inizi degli anni '90, attraverso studi e ricerche volti alla definizione
di meccanismi di interazione della corrente elettrica sugli effetti biologici
e sanitari. I progressi nel campo tecnico e medico sono stati notevoli,
ma ciononostante fino ad oggi le conoscenze scientifiche sono controverse.
L'incertezza degli studi, unita all'assenza di una regolamentazione legislativa,
ha dato luogo a un dibattito costante e soprattutto a una preoccupazione
crescente nell'opinione pubblica.
A tal proposito, a dimostrazione del fatto che parliamo di cose concrete
e veritiere, sottopongo alla vostra attenzione uno dei tanti casi che preoccupa
molti cittadini romani. A Roma, signor Presidente, nella zona di Monte
Mario, in un'area di proprietà del comune destinata a parco pubblico,
assoggettata a vincolo paesaggistico e rientrante nella riserva naturale
di Monte Mario, sono stati installati nel corso di questi ultimi anni 480
impianti di trasmissione. Questi impianti, posti su una serie di tralicci
realizzati abusivamente e di proprietà delle emittenti radiotelevisive
(Radio Maria, Radio Subasio, Telemondo, Telepace, Rete 4, Canale 5, Teletuscolo,
Retesole, Super3, Porta Portese e Teletevere, per citarne alcune) sono
adiacenti alla scuola materna ed elementare «Giacomo Leopardi»,
istituita nel lontano 1929 come scuola all'aperto e oggi frequentata, con
una permanenza continuativa e giornaliera di otto ore, da 700 bambini in
età compresa fra i 3 e i 10 anni, oltre che dal personale scolastico
ivi operante.
Nel periodo dall'8 settembre 2000 al 3 ottobre 2000 (quindi recente), l'ARPA
Lazio ha effettuato un monitoraggio elettromagnetico dell'area della scuola
«Giacomo Leopardi» e ha ripetutamente riscontrato valori eccedenti
i limiti di campo previsti dal decreto ministeriale n. 381 del 1998, rilevando
altresì che di conseguenza, in una parte di tale area, non è
possibile la fruibilità degli spazi per periodi di permanenza superiori
alle quattro ore.
Sulla base della relazione predisposta dall'ARPA Lazio, l'ASL RM E, in
data 9 novembre 2000, ha affermato che i livelli di campo elettromagnetico
riscontrati rappresentano un rischio per la salute dei bambini e per il
personale della scuola e ha richiesto l'emissione di un'ordinanza sindacale
tesa all'adozione di provvedimenti in grado di ridurli, ordinanza che è
successivamente intervenuta recando l'intimazione alla società proprietaria
dell'impianto, responsabile del superamento dei livelli massimi di cui
al decreto ministeriale citato, di adeguarsi ad essi.
Il responsabile dell'istituto scolastico ha comunque disposto che nel frattempo,
in attesa di un nuovo monitoraggio che accerti il rispetto dell'ordinanza,
le quinte classi della scuola si alternino, con turni di quattro ore, nel
tenere lezioni all'interno dei padiglioni rientranti nell'area interessata
dal superamento dei livelli massimi di campo prescritti dalla normativa
vigente.
È il caso di dire, senza tema di smentite, che la responsabile scelta
di questo dirigente scolastico, non solo è coraggiosa, ma è
condivisibile, perché mette al primo posto la tutela della salute
dei bambini e del personale scolastico di fronte alla confusa babele delle
antenne e dei tralicci e, perché no, della insipienza della società
proprietaria dell'impianto.
Questi elementi, uniti agli eventi, hanno stimolato a più riprese
il Parlamento e il Governo a lavorare sulla formulazione di testi fondati
essenzialmente sul principio precauzionale.
In due anni di costante e costruttivo lavoro dei parlamentari della maggioranza
e dell'opposizione della Camera dei deputati e dei senatori della 13ª
Commissione, è stato elaborato e votato un testo che si presenta
nella forma di una legge quadro, che detta princìpi fondamentali,
il cui obiettivo primario è quello di tutelare la salute delle lavoratrici
e dei lavoratori, della popolazione, dell'ambiente e dei valori paesaggistici.
Si tratta di una legge quadro necessaria, che il Gruppo parlamentare dei
Democratici di Sinistra-L'Ulivo condivide e sostiene, in quanto il testo
contiene norme qualificanti, sia per quanto riguarda la distinzione dei
compiti assegnati allo Stato e quelli attribuiti alle regioni, alle province
e ai comuni, sia perché fissa i valori massimi di esposizione, attraverso
i valori di attenzione e obiettivi di qualità, per gli ambienti
esterni, abitativi e lavorativi - credo che il collega Cò abbia
letto un altro testo - allo scopo di assicurare la protezione da possibili
effetti a lungo termine. Una legge quindi, signor Presidente, importante,
dai contenuti chiari, di cui vale la pena sottolineare brevemente alcuni
aspetti più significativi.
Allo Stato spetta la promozione della ricerca e della sperimentazione tecnico-scientifica,
insieme alla raccolta e all'elaborazione dei dati, compiti questi affidati
al Comitato interministeriale per la prevenzione e riduzione dell'inquinamento
elettromagnetico. Ingente è il lavoro che, a nostro avviso, si prospetta
nell'istituzione del catasto nazionale, il quale sì fonderà
sui catasti che le amministrazioni regionali dovranno realizzare e gestire;
data l'assenza, fino ad oggi, di dati certi, sicuramente si opererà
all'inizio affidandosi soltanto a stime.
Al Governo spetta il compito di delineare, mediante l'emanazione di decreti,
i criteri per l'elaborazione dei piani di risanamento, con l'indicazione
delle priorità di intervento e dei tempi di attuazione; piani che
le singole regioni dovranno adottare anche attraverso la loro delocalizzazione.
L'adeguamento degli impianti già esistenti dovrà avvenire
in modo graduale e, comunque, entro il termine di ventiquattro mesi.
Compito fondamentale delle regioni, insieme con le province e i comuni
è, di conseguenza, quello di adottare un piano regionale di localizzazione
degli impianti di emittenza televisiva; si tratta di un programma che deve
essere basato sui princìpi della salute, di compatibilità
ambientale, di trasferimento degli impianti già installati nelle
zone di maggiore sensibilità ambientale, di pari opportunità
tra «esercenti e cittadini».
Inoltre, le regioni stabiliscono i criteri generali per localizzare altri
tipi di impianti fissi, definiscono i tracciati degli elettrodotti, prevedendo
le fasce di rispetto e individuano le modalità per il rilascio delle
autorizzazioni.
Di particolare rilievo è, inoltre, signor Presidente, onorevoli
colleghi, l'articolo relativo all'educazione ambientale e all'informazione
ai cittadini, promossa dal Ministero dell'ambiente e assicurata dagli enti
locali attraverso iniziative sul territorio e nelle istituzioni per garantire
sempre più un'adeguata conoscenza del territorio e di quanto su
di esso sarà installato.
Concreta è la norma che consentirà giuste informazioni agli
utenti sugli apparecchi, in particolare di uso domestico, che negli ultimi
tempi - come tutti sappiamo - hanno creato non pochi problemi all'utenza:
etichette e schede informative nelle quali i produttori dovranno indicare
i livelli di esposizione generati dall'oggetto, le distanze di utilizzo
consigliate e le principali prescrizioni di sicurezza.
Infine, per quanto riguarda la copertura finanziaria, dichiariamo la nostra
grande soddisfazione dal momento che tale copertura è stata notevolmente
migliorata dall'articolo 105 della legge finanziaria 2001 appena
votata, che stanzia una quota pari al 10 per cento dei proventi derivanti
dalle licenze UMTS a favore della prevenzione e della riduzione dell'inquinamento
elettromagnetico.
Ringraziamo il Governo, in particolare l'onorevole sottosegretario Valerio
Calzolaio, e il relatore, senatore Giovanelli, che su questo argomento
hanno fornito una risposta positiva e significativa che consentirà
di attuare in modo adeguato una legge quadro che può essere definita
la novità ambientale più significativa dell'intera legislatura.
Per queste ragioni, ci auguriamo che la normativa al nostro esame diventi
operativa in questa stessa legislatura perché attesa dalla popolazione
italiana e dovuta dal Parlamento per tutelare la salute dei cittadini ed
anche perché ci porrà tra le nazioni più sensibili
nella battaglia per la protezione dall'inquinamento elettromagnetico.
Da subito le sottolineo, onorevole Sottosegretario, che l'impegno dei parlamentari
del Gruppo dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo sarà certo e concreto.
All'Aula e a lei, signor Presidente, preannunzio, con convinzione, il voto
favorevole alla legge quadro al nostro esame. (Applausi dal Gruppo DS.
Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Bosi. Ne ha facoltà.
BOSI. Signor Presidente, colleghi, in questo dibattito è emerso
uno spaccato molto significativo di due scuole di pensiero, di due tendenze,
che si misurano nel nostro Paese tutte le volte che ci si confronta sui
rischi per la salute in riferimento a problematiche che si accompagnano
a grandi incognite.
Indubbiamente, è stato da tutti rilevato (anche in occasione del
precedente dibattito sulla vicenda del cosiddetto morbo della mucca pazza)
che vengono paventati rischi intorno ai quali però la scienza non
sembra poter offrire certezze.
Di fronte a queste incertezze è fatale che si muovano concezioni
diverse e che si propugnino comportamenti differenti da parte dello Stato.
Quando poi ci si accinge a legiferare, queste contraddizioni, queste diverse
interpretazioni emergono e si impattano con esigenze concrete.
Trattandosi di un fatto che mi ha interessato e, per certi versi, colpito,
voglio qui ricordare la polemica richiamata dal collega Maggi nel suo intervento,
quando ha fatto riferimento ai ritardi con i quali si è addivenuti
al dibattito in Aula sul provvedimento in esame.
Lo stesso relatore Giovanelli, rilasciando varie dichiarazioni, ha precisato
che vi sono interessi forti che contrastano l'approvazione di tale disegno
di legge e ha fatto chiaramente intendere che, probabilmente, la data di
gennaio 2001 come termine ultimo per approvare il provvedimento in questo
ramo del Parlamento, che dovrà poi essere sottoposto ad una nuova
approvazione da parte della Camera, lascia ragionevoli dubbi per ritenere
che, alla fine di questa legislatura, non se ne farà nulla.
Come mai questi ritardi? Perché un provvedimento licenziato moltissimi
mesi fa dalla Commissione ambiente in sede referente giunge soltanto a
fine gennaio 2001 in Aula? Si sono misurati diversi atteggiamenti e differenti
interessi ai quali facevo innanzi riferimento. Si parla di scontri durissimi
(lo ha fatto il collega che ho prima richiamato) fra i gestori delle aziende
pubbliche o ex pubbliche nel settore dell'energia elettrica e in
quello delle comunicazioni da una parte e l'anima ambientalista del Paese
dall'altra.
Se andiamo a rileggere le dichiarazioni rilasciate dall'onorevole Mattioli,
attuale ministro, precedentemente sottosegretario ai lavori pubblici, c'è
di che trasecolare. Da un lato, vi è una realpolitik di chi
dichiara (sostanzialmente questo è il punto di vista che rispecchia
gli interessi dei gestori nominati dal Governo di aziende a partecipazione
pubblica) di stare dentro i limiti e di volere certezza di diritto perché
vuol lavorare e tali questioni hanno un grande impatto sullo sviluppo economico
del Paese; dall'altro lato, vi è una posizione - se vogliamo di
tipo più allarmistico - in base alla quale si sostiene che non vi
sono limiti, quasi addirittura a negare il diritto di cittadinanza all'inquinamento
elettromagnetico.
Ritengo che abbiamo il dovere di sgombrare il campo da questi equivoci.
Il collega Cò, intervenendo in precedenza, parlava di «soglia
zero» nell'inquinamento, di minimalizzazione dei limiti e dei dati;
il ministro Mattioli ha addirittura parlato di certezza di danni, a differenza
di altre autorità scientifiche che forniscono consulenze allo Stato.
Lo stesso ministro della sanità Veronesi ha dichiarato che vi sono
forti dubbi sulla relazione causa-effetto; la cosa sicura è che
non vi sono certezze.
Di fronte a tutto questo, non vorrei che vi fosse una strumentalizzazione
- alla quale noi della Casa delle libertà e, in particolare, noi
del CCD non ci vogliamo assolutamente prestare - per cui si enfatizzano
i dubbi, le preoccupazioni e i pericoli semplicemente per legittimare una
posizione, per dire: «bene o male qua ci sono io a fare la guardia».
Ma se la sentono questi signori che hanno un ruolo determinante per il
Governo di prevedere l'esclusione dell'esistenza di supporti tecnologici
che oggi sono considerati indispensabili? Chi è che si sente di
privare intere zone delle grandi città della possibilità
di comunicare attraverso la telefonia cellulare? Eppure, sappiamo che nelle
aree densamente abitate non c'è altra alternativa che quella di
installare antenne e siti per la telefonia cellulare mobile, così
come del resto le antenne per le trasmissioni via radio, in posizioni che
non possono rispondere a quella minimalizzazione del rischio che viene
invocata.
E allora, delle due l'una: o noi blocchiamo l'utilizzazione dei mezzi tecnologici
avanzati, oppure dobbiamo convivere con una situazione di rischio. L'atteggiamento
serio, che a mio avviso si deve tenere e che del resto viene posto in essere
in tutti i Paesi occidentali, è quello di sviluppare la ricerca
per individuare le soglie di rischio e costituire elementi di protezione
dei cittadini rispetto a tali soglie: questa è la strada da seguire.
Per quanto riguarda il nostro Paese, esso è stata l'unica nazione
della Comunità europea che non ha votato a favore della raccomandazione
12 luglio 1999, n. 519, che faceva propri i dati di protezione dalle radiazioni
non ionizzanti, successivamente ripresi, anzi ridotti in una condizione
minimalista, dal decreto ministeriale n. 381 del 1998, varato dal ministro
Ronchi.
Ebbene, se quelli sono i dati che vengono indicati in un decreto, dobbiamo
preoccuparci che quei dati vengano rispettati, dobbiamo far sì che
la legislazione vigente consenta di intervenire, sanzionare, punire e impedire
che questi limiti vengano oltrepassati, ma non si deve fare al riguardo
questa strana perorazione per la quale bisogna totalmente esorcizzare un
possibile rischio, ancorché non denunciato.
Ad esempio, io so - perché basta occuparsi di questi problemi per
venirne a conoscenza - che vi è una situazione di allarmismo, che
si badi bene non voglio esorcizzare, perché esistono fattori di
rischio e bisogna tenerne conto.
Dovremo pur dare delle certezze ai cittadini, indicare quando rischiano
la salute e quando no? Quando si afferma, come è stato fatto anche
abbondantemente in quest'Aula, che si rischia sempre a prescindere da ogni
valore e misurazione, quale operazione facciamo in questo Paese quando
per il rilascio delle autorizzazioni vengono fatti passare mesi, anni senza
dare nessuna certezza né al cittadino utente che ha diritto a vedersi
tutelato il proprio diritto fondamentale alla salute né all'operatore
del settore? Questa è una situazione caotica che non può
essere tollerata e che desta grande preoccupazione.
Emerge a mio giudizio una sostanziale incapacità di governo dell'attuale
maggioranza... (Commenti del senatore Bortolotto). Certo; quando
voi, attraverso la presentazione di emendamenti, prolungate l'iter
del provvedimento rischiando di non approdare a nessuna legge entro la
fine di questa legislatura, è preferibile avere una legge discutibile
piuttosto che niente dal momento vi sono stati di sofferenza e di malessere
reali intorno a queste problematiche.
Mi domando a che gioco giocano o se è una parte in commedia fatta
per piacere all'ansia che scatena il potenziale pericolo e si invoca, come
ai tempi dello stregone, la paura per diventare poi gli esorcizzatori di
quest'ultima. Temo ciò e lo pavento.
Quindi, se il provvedimento ha un difetto - lo voglio richiamare in questa
sede - esso è quello di non introdurre meccanismi certi nelle valutazioni,
nelle certificazioni, nei controlli e nelle sanzioni. Non si prevede ad
esempio il potenziamento dell'AMPA, l'Agenzia nazionale per la protezione
dell'ambiente. È possibile che quando si chiede di installare un'antenna
non si riesce ad ottenere né la certificazione necessaria né
le misurazioni di controllo? E gli stessi che operano presso il Ministero
dell'ambiente sono quelli che seminano sconcerto e paura. Il pericolo quindi
è che con questa legge, così invocata e necessaria, si possa
dare la stura ad una serie di successivi atti, ove si rimandano le sostanziali
decisioni.
Mi rivolgo ai colleghi della maggioranza, in particolare: se, ad esempio,
non si ritengono sufficienti i limiti imposti dal decreto Ronchi perché
non se ne propone un abbassamento con la legge in esame, ma si rimanda
alle decisioni che saranno adottate dal decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri da emanare in un momento successivo?
Allora, o non si è in grado di affrontare e risolvere le problematiche
sostanziali che si accompagnano all'esigenza di questo provvedimento oppure
si vuole mantenere ancora in piedi la paura verso l'ignoto, verso un pericolo
incombente senza fornire gli strumenti di difesa. Lo Stato ha il dovere
di difendere i cittadini rispetto al problema e non di seminare l'allarmismo.
Ci riserviamo di decidere il voto da esprimere sul provvedimento. Certo,
ci preoccupano alcune zone di ombra, di indefinitezza nell'applicazione
di questa legge, nonché alcune carenze di stanziamenti per il potenziamento
degli organi di misurazione e di controllo e il rinvio all'obiettivo di
qualità senza definirne i limiti.
Tale compito è lasciato all'iniziativa dell'ente locale. Dico questo
non perché non desideriamo che si diano poteri, autonomia e forza
decisionale agli enti locali, ma non vorremmo che la medesima apparecchiatura,
che magari esorbita i limiti fissati, venga sanzionata in una regione e
non in un'altra, in un comune e non in un altro, con un caos di riferimento
che già si preannuncia preoccupante per questioni riguardanti materie
come l'energia, la telecomunicazione, il sistema di comunicazione, con
il loro impatto con la new economy, con la possibilità di
sviluppo economico, e che risulta paralizzante allo sviluppo del nostro
Paese e al suo adeguamento alle esigenze di modernizzazione.
Queste sono le preoccupazioni che abbiamo voluto esternare. Mentre ci riconosciamo
sostanzialmente nell'impianto della legge (per quanto vi è previsto
è sostanzialmente condivisibile), è preoccupante - ripeto
- quello che viene rimandato ad altri provvedimenti e soprattutto quello
che non si dice ma si alimenta attraverso varie iniziative a livello politico
in un caos governativo che desta sensazione e fa impressione. Questo è
il giudizio che non esprimiamo solo noi ma anche i membri della maggioranza
quando nei loro interventi danno accentuazioni marcatamente diverse e interpretazioni
assolutamente differenti rispetto agli stessi fatti.
Signor Presidente, ho concluso il mio intervento e ringrazio lei e i colleghi
per l'attenzione. (Applausi dai Gruppi FI e CCD).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Specchia, il quale
nel corso del suo intervento illustrerà anche l'ordine del giorno
n. 102. Ne ha facoltà.
SPECCHIA. Signor Presidente, prima di tutto chiedo scusa ai colleghi, alla
Presidenza e ovviamente al rappresentante del Governo, il sottosegretario
Calzolaio, per non aver potuto seguire, com'era mio dovere e com'era mia
volontà, tutto il dibattito che si è svolto finora su questo
importante provvedimento. Non l'ho potuto fare perché sono stato
impegnato ieri e ancora oggi, fino a qualche minuto fa, a presiedere una
commissione di concorso per l'assunzione di personale in Senato.
Quindi, utilizzerò questi pochi minuti per aggiungere qualcosa a
ciò che già nelle scorse settimane, quando è iniziata
la discussione generale, è stato detto dal collega Maggi, ma soprattutto
voglio cogliere l'occasione per illustrare l'ordine del giorno n. 102 da
noi presentato.
Intanto sottolineo che noi come Gruppo non da oggi siamo favorevoli ad
una nuova regolamentazione della materia, tant'è che abbiamo presentato
anche qui in Senato un disegno di legge già sottoposto all'attenzione
della Camera che era più che altro un atto di volontà politica,
che ovviamente non aveva la pretesa di regolamentare sin nei particolari
la materia in modo preciso, ma era un contributo di Alleanza Nazionale
alla risoluzione di questo problema.
Come sa il Sottosegretario, in Commissione abbiamo tenuto una posizione
non certamente ostruzionistica ma collaborativa, ritirando anche diversi
emendamenti da noi presentati (alcuni eccessivamente oltranzisti) e insistendo
invece su altri. Qual è la nostra posizione? Essa è stata
illustrata dal senatore Maggi, che si è soffermato anche su aspetti
tecnici, ma voglio ribadirla brevemente.
In una materia che coinvolge interessi obiettivamente contrapposti, da
una parte gli interessi della salute e dell'ambiente, dall'altra quelli
economici e occupazionali di importanti comparti del nostro Paese (la telefonia
mobile, l'ENEL, il settore radiotelevisivo), non bisogna, per principio,
penalizzare nessuno. Siamo dunque contrari alla penalizzazione dei settori
che ho ricordato, ma riteniamo ovviamente che tra i due tipi di interesse
debba comunque prevalere la tutela dell'ambiente e della salute. È
questo il principio che ha ispirato e che ispira ancora oggi la condotta
dei senatori di Alleanza Nazionale.
Non condividendo pienamente il testo licenziato dalla Commissione, abbiamo
presentato emendamenti, che sono migliorativi dal nostro punto di vista,
e un ordine del giorno. A tale proposito, devo avanzare un rilievo e una
critica politica; non se ne dispiacciano il sottosegretario Calzolaio e,
soprattutto, i colleghi della maggioranza.
Dopo aver lavorato abbastanza bene in Commissione ambiente durante lo scorso
mese di luglio, senza alcun ostruzionismo da parte di Forza Italia, di
Alleanza Nazionale e della Lega, ci aspettavamo che alla ripresa dei lavori,
dopo la pausa estiva, il provvedimento, migliorato in alcuni aspetti, fosse
licenziato dall'Assemblea e trasmesso all'altro ramo del Parlamento per
l'approvazione definitiva. La Camera avrebbe potuto già definire
la materia e oggi avremmo la legge quadro.
Recitare il mea culpa spetta dunque al Governo e alla maggioranza.
Mi risultano davvero incomprensibili certi proclami, appresi tramite la
stampa, soprattutto del Ministro dell'ambiente, che è concretamente
assente rispetto a tali questioni. Vengono rivolte sollecitazioni di ogni
tipo; anche l'onorevole Veltroni ha chiesto al presidente Mancino di intervenire.
In verità, come è accaduto rispetto ad altre materie - da
ultimo, perdendo tempo, in relazione alla legge elettorale - se vi fosse
stata la volontà di approvare il disegno di legge, ciò sarebbe
accaduto.
Conoscevamo la situazione; sapevamo che essa era determinata anche dalle
divergenze, alcune delle quali profonde, esistenti tra i Verdi e le altre
componenti della maggioranza e chiaramente manifestatesi in Commissione.
Abbiamo capito che si rischiava di non giungere all'approvazione di una
legge quadro da parte del Senato e che essa non sarebbe stata comunque
licenziata dalla Camera.
Devo riconoscere che il sottosegretario Calzolaio - bontà sua! -
ha profuso un impegno continuo rispetto a questa materia; al di là
di singoli aspetti, alcune questioni importanti erano condivise. Ebbene,
il Sottosegretario aveva presentato da tempo, alle Commissioni parlamentari
competenti, la bozza di due decreti, che poi sono quelli che interessano
veramente alla gente. Tutti gli operatori dei diversi settori interessati
alla materia attendono la legge quadro, ma attendono soprattutto i decreti
attuativi, che stabiliscono importanti limiti.
Il Sottosegretario aveva chiesto un parere preventivo sulla bozza dei decreti,
perché non si sapeva che cosa sarebbe accaduto. Non si sapeva se
aspettare la legge quadro, che prevede anch'essa decreti attuativi, oppure,
nell'impossibilità di vararla per motivi politici e per situazioni
particolari cui ho accennato, emanare comunque decreti modificativi di
quelli esistenti in base alla normativa del 1997, che ha dato vita al decreto
n. 381 del 1998.
Proprio per questo motivo, abbiamo presentato (mi avvio alla conclusione
del mio intervento, perché anche se mi piace molto intrattenermi
sull'argomento avremo modo di aggiungere altre considerazioni in sede di
esame degli emendamenti) l'ordine del giorno n. 102, che in sostanza prevede
- o meglio prevedeva, perché lo abbiamo presentato nello scorso
mese di luglio - che se si dovesse intravedere l'impossibilità di
approvare una legge quadro, allora prima di dicembre (dicembre è
già passato, ma questa era la nostra volontà politica) si
dovrebbero comunque approvare i decreti perché vi siano finalmente
certezze.
Parliamoci chiaramente: le opinioni possono essere le più diverse,
non abbiamo certezze scientifiche sugli effetti delle onde elettromagnetiche
sulla salute dell'uomo. Ci sono comunque dei timori e c'è un principio
di precauzione richiamato alla mente di tutti da parte dell'Organizzazione
mondiale della sanità e della stessa Unione europea e ora anche
da parte del Parlamento (ne abbiamo parlato in Commissione e siamo tutti
d'accordo). La gente ha bisogno di certezze con riferimento al principio
di precauzione, così come le imprese, perché nessuno può
vivere nell'attesa che qualcosa cambierà e di come ciò avverrà.
Chiedevamo, quindi, entro il mese di dicembre la conversione di questi
decreti-legge, i quali - ne parlavo poc'anzi con il signor Sottosegretario
- sono stati ulteriormente modificati in seguito ai pareri espressi dalle
due Commissioni e oggi sono all'esame della Conferenza Stato-regioni.
Mi permetto di dire (credo molto in questo, anche per le battaglie che
ognuno di noi fa nel proprio territorio: non possiamo certamente prendere
in giro la gente, al di là delle appartenenze politiche), a nome
del Gruppo Alleanza Nazionale, che nel momento in cui dovesse verificarsi
la situazione per cui qui al Senato o alla Camera dei deputati tra qualche
giorno vi dovesse essere la percezione che davvero non c'è la possibilità
di licenziare il provvedimento al nostro esame, questi decreti dovrebbero
venire alla luce, perché la gente ha bisogno di certezze e di maggior
tutela, secondo il principio di precauzione rispetto all'attuale normativa
che non garantisce tutto questo e, come sa benissimo (certamente meglio
di me) il signor Sottosegretario, è lacunosa rispetto a tanti aspetti
che richiamiamo nell'ordine del giorno n. 102.
Quando arriveremo a discutere proprio nel merito dell'ordine del giorno
evidenzierò alcune condizioni che poniamo, aspetti sui quali abbiamo
dibattuto in Commissione e su cui non solo vi è l'attenzione del
senatore Bortolotto (che, anzi, in sede di esame della finanziaria, ha
aggiunto ulteriori considerazioni) ma anche quella del signor Sottosegretario
il quale, quando abbiamo discusso a proposito del disegno di legge quadro,
manifestò al riguardo un'apertura rinviando al dibattito in Aula.
Siamo, quindi, in attesa di tale discussione per comprendere la posizione
del Governo sugli emendamenti e anche sulle questioni in esame per poi
esprimere quale sarà il nostro voto finale, che al momento certamente
non è soddisfacente.
Speriamo che qualche nostro emendamento migliorativo venga accolto. (Congratulazioni).
PRESIDENTE. Rinvio il seguito della discussione dei provvedimenti in titolo
ad altra seduta.